Calcolo concreto dell’obbligo del consumo della sostanza dopo il pensionamento

Caso 404 del 16/06/2017

In caso di divorzio, si può pretendere il consumo della sostanza per il computo degli alimenti dopo il pensionamento?

In una sentenza dell’11 maggio 2017 il Tribunale d’appello di Lugano ha stabilito quanto segue:

Se prima del pensionamento un coniuge divorziato non è tenuto – di norma – a consumare il proprio patrimonio per sovvenire a sé stesso qualora l’altro coniuge sia in grado di versargli un contributo alimentare senza erodere il proprio, dopo il pensionamento le cose cambiano, nel senso che il coniuge creditore può anche essere tenuto a usare averi personali.

Sentenza I CCA 11.2015.39
 


Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni


I coniugi, entrambi nati nel 1960, si sono sposati nel 1986 e dal loro matrimonio sono nati due figli, ormai maggiorenni ed indipendenti. I coniugi si sono separati nel 2009. La procedura di divorzio è stata preceduta da quella di misure a tutela dell’unione coniugale. Il Giudice di prima sede ha pronunciato il divorzio nel 2015. Il marito è stato condannato a pagare un contributo di mantenimento a favore della moglie vita natural durante di CHF 7’220.00 mensili fino al pensionamento e di CHF 7’000.00 mensili dopo, vita natural durante, con deduzione al pensionamento delle rendite di I°, II° e III° pilastro della moglie. Contro la sentenza ha ricorso in appello il marito, chiedendo il decadimento alimentare dal 2025.

Il debito mantenimento della moglie dopo il pensionamento è stato accertato in CHF 8’875.00 mensili. La sua rendita AVS è stata prudenzialmente valutata in CHF 2’000.00 mensili, quella del II° pilastro in CHF 250.00 mensili e infine quella del III° pilastro di CHF 375.00 mensili. Di conseguenza da questi dati il debito mantenimento al pensionamento della moglie risulta scoperto di CHF 6’250.00 mensili (CHF 8’875.00 ./. CHF 2’000.00 ./. CHF 250.00 ./. CHF 375.00).

Per quel che ne è della sostanza, se prima del pensionamento un coniuge divorziato non è tenuto - di norma - a consumare il proprio patrimonio per sovvenire a sé stesso qualora l’altro coniuge sia in grado di versargli un contributo alimentare senza erodere il proprio, dopo il pensionamento le cose cambiano, nel senso che il coniuge creditore può anche essere tenuto a usare averi personali (sentenza TF 5A_827/2010, consid. 5.2 del 13 ottobre 2011 e sentenza TF 5A_170/2016, consid. 4.3.5 del 1° settembre 2016; RTiD I-2005, consid. 4, pag. 776 con rinvii; I CCA 11.2014.22, consid. 8c, del 15 marzo 2016).

Orbene, nel caso concreto i coniugi hanno venduto l’abitazione coniugale e sommata ad altra sostanza di sua proprietà la moglie risulta titolare dell’importo complessivo di CHF 1’526’818.00; secondo il Tribunale d’appello in circostanze del genere si può ragionevolmente pretendere che dal pensionamento per far fronte al proprio debito mantenimento la moglie attinga al proprio capitale, ricavando su un arco di tempo valutabile attorno a 25 anni (aspettativa statistica di vita pari a 26.06: Stauffer/Schätzle/Weber, Barwerttafeln und Berechnungsprogramme/tables et programmes de capitalisation, 6a edizione, pag. 429, Tavola Z3) almeno CHF 4880.00 mensili.
Pertanto si può stimare che al pensionamento la moglie fruirà di entrate per complessivi CHF 7’505.00 mensili (CHF 2’000.00 + CHF 250.00 + CHF 375.00 + CHF 4’880.00) e per vedersi garantire il proprio debito mantenimento di CHF 8’875.00 mensili le mancheranno in conclusione CHF 1’370.00 mensili (CHF 8’875.00 ./. CHF 7’505.00), importo che è stato messo a carico del marito, il quale verosimilmente potrà essere in misura di pagarlo, pur restando salva la possibilità per quest’ultimo di poter sempre chiedere una modifica del contributo alimentare ex art. 129 cpv. 1 CC.

Da notare che il Tribunale d’appello nei considerandi della decisione ha rilevato anche che per il calcolo del contributo di mantenimento ex art. 125 CC, in assenza di indicazioni più precise sul tenore di vita coniugale prima della separazione, gli accertamenti esperiti in procedura di misure a tutela dell’unione coniugale costituiscono pur sempre - nonostante la mera verosimiglianza - un punto di riferimento oggettivo (RTiD II-2004, consid. 4d, pag. 582, RTiD I-2005, pag. 778; I CCA 11.2009.179, consid. 10c, del 17 luglio 2013). Naturalmente qualora nella susseguente causa di divorzio simile tenore di vita sia litigioso, spetta al coniuge che si avvale di quei dati addurre gli elementi indispensabili per confermarli anche nel quadro di un pieno potere cognitivo (I CCA 11.2016.44, consid. 4b, del 19 ottobre 2016). In una causa di merito la verosimiglianza non è più sufficiente. Spetta pertanto al coniuge creditore del contributo alimentare dimostrare il tenore di vita sostenuto durante la comunione domestica. Poco importa che nella procedura di misure a tutela dell’unione coniugale il coniuge debitore non abbia contestato determinate voci di spesa: ciò non gli preclude la facoltà di muovere obiezioni alle medesime voci di spesa nella causa di divorzio.


Data modifica: 16/06/2017

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