Caso 113 del 04/10/2004
In quale misura il patrigno deve partecipare al mantenimento di un figlio nato da una relazione della moglie con un altro uomo?
In due sentenze, rispettivamente del 3 maggio 2004 e del 30 agosto 2004* il Tribunale d'appello di Lugano ha stabilito quanto segue:
Nel caso di vita comune e susseguente sospensione dell'economia domestica (nell'ambito di procedure di protezione dell'unione coniugale – art.175 CC – o di misure cautelari nella procedura di divorzio o separazione personale – art. 137 CC) la moglie è automaticamente liberata dal governo della casa per quanto riguarda il patrigno e l'art. 278 cpv. 2 CC si configura, per il patrigno, come il dovere di assistere finanziariamente la moglie nella misura in cui questa, dovendo sovvenire al fabbisogno del proprio figlio, non sia in grado di mantenere se stessa.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
In base alle due sentenze sopra menzionate occorre estrapolare qualche principio che secondo il Tribunale d'appello vale nell'ambito di figli non comuni.
Secondo il Tribunale d'appello i coniugi si devono vicendevole adeguata assistenza nell'adempimento dell'obbligo verso i figli nati prima del matrimonio (art. 278 cpv. 2 CC). Tale norma concreta il dovere generale di assistenza sgorgante dall'art. 159 cpv. 3 CC e sussiste nella misura in cui, a causa del matrimonio, il genitore biologico non possa dedicarsi al mantenimento del figlio come potrebbe fare, invece, se non fosse sposato (cfr. anche DTF 127 III 68).
Qualora il figlio non viva nell'economia domestica del patrigno, ossia viva con la sola madre, la quale si occupa delle faccende domestiche, il patrigno adempie il suo dovere di assistenza verso la moglie esonerandola, nella misura del necessario, dalla cura dell'economica domestica in modo che possa lavorare e procurarsi i mezzi per mantenere il figlio nato prima del matrimonio, oppure versando alla moglie il guadagno che essa ricaverebbe se fosse sgravata delle mansioni domestiche.
Nel caso in cui il figlio sia della moglie, viva nella comunione domestica dei coniugi e la madre accudisca alle faccende di casa, il patrigno adempie il suo dovere di assistenza verso la moglie garantendo al ragazzo il fabbisogno che la madre non può assicurargli per il fatto di dedicarsi all'economia domestica.
In caso di sospensione della comunione domestica la moglie dovrebbe provvedere essa medesima - in tutto o in parte - al mantenimento del figlio, non dovendo tra l'altro più dedicarsi al governo della casa per quanto riguarda il patrigno; eventualmente occorre darle un congruo termine per reinserirsi nel mondo del lavoro.
Quanto manca nel debito mantenimento del figlio rientra nel fabbisogno della madre e non è escluso che, dovendo sopperire al fabbisogno del figlio, essa non riesca a mantenere se stessa. In tali circostanze è pure applicabile l'art. 278 cpv. 2 CC, ma il fatto che la madre debba prestare cura ed educazione al ragazzo non può essere opposto al patrigno come impedimento al lavoro, poiché la presenza del figlio non comune non è una conseguenza del matrimonio.
Ricordiamo come la regola secondo cui una donna con figli può essere tenuta a cominciare - o a ricuperare - un'attività lucrativa a tempo parziale solo al momento in cui il figlio minorenne a lei affidato avrà raggiunto i 10 anni di età, mentre un attività a tempo pieno potrà esserle imposta solo quando tale figlio avrà compiuto i 16 anni, vale solo per i discendenti comuni (cfr. caso-055).
In ogni caso la madre deve riscuotere dal padre biologico adeguati contributi di mantenimento (art. 276 cpv. 2 e 285 cpv. 1 CC), deve far si che il figlio riceva gli eventuali assegni familiari, oltre alle "rendite d'assicurazioni sociale e analoghe prestazioni" (art. 285 cpv. 2 CC), e deve attingere ai possibili redditi della sostanza del figlio (art. 319 cpv. 1 CC), come pure incassare versamenti a tacitazione, risarcimenti e analoghe prestazioni (art. 320 cpv. 1 CC). Il patrigno deve, in sostanza, finanziare quanto manca per coprire il fabbisogno minimo del ragazzo, sopportando il rischio relativo al mancato incasso dei contributi alimentari dal padre biologico (DTF 120 II 288).
Per verificare se la madre non è in grado di mantenere se stessa occorre inserire nel suo fabbisogno minimo tutto il fabbisogno del figlio (ossia quello totale previsto dalle Tabelle di Zurigo, compreso la posta relativa alla cura ed educazione, dedotto l'assegno familiare di base se già percepito dalla madre).
Il calcolo è dunque il seguente (basato su dati ipotetici):
Reddito del patrigno: | fr. 5'000.-- |
Reddito della madre: | fr. 2'900.-- |
Totale dei redditi: | fr. 7'900.-- |
Fabbisogno minimo del padre: | fr. 2'500.-- |
Fabbisogno minimo della madre: | fr. 2'000.-- |
Fabbisogno minimo del figlio (bambino di 10 anni): | fr. 1'820.-- , dedotti fr. 183.-- di assegno familiare di base già percepito dalla madre |
Fabbisogno totale madre e figlio: | fr. 3'637.-- |
Totale dei fabbisogni: | fr. 6'137.-- |
Eccedenza: | fr. 1'763.-- |
Metà eccedenza: | fr. 881.50 |
Contributo del marito nei confronti della moglie, compreso la partecipazione ex art. 278 CC: fr. 1'618.50 (fr. 3'637.-- + fr. 881.50 ./. fr. 2'900.--) |
Da notare che in questo esempio abbiamo fatto astrazione di eventuali contributi del padre biologico, eventuali rendite d'assicurazioni sociale e analoghe prestazioni e redditi della sostanza del figlio, come pure versamenti a tacitazione, risarcimenti e analoghe prestazioni, tutti importi che se esistessero avrebbero dovuto essere considerati a deduzione del fabbisogno minimo del figlio.
* Sentenze non pubblicate.
Nella sentenza TF 5A_440/2014 del 20 novembre 2014 il Tribunale federale ha precisato che il dovere di assistenza del coniuge ex art. 278 cpv. 2 CC si estende anche per il mantenimento dei figli maggiorenni dell’altro coniuge.
Data pubblicazione: 4 ottobre 2004
Data ultima modifica: 4 ottobre 2004
Data modifica: 04/10/2004