Caso 347 del 01/01/2015
Se un figlio diventa maggiorenne durante la procedura giudiziaria che vede opposti i suoi genitori, si può presumere che egli sia d'accordo con il contributo alimentare previsto per lui e formulato con richiesta del genitore affidatario?
In una sentenza del 1° ottobre 2014 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:
Il genitore detentore dell'autorità parentale può chiedere in proprio nome un contributo di mantenimento a favore del figlio. Questa facoltà perdura anche dopo il compimento della maggiore età del figlio se quest'ultimo vi acconsente, se del caso anche tacitamente.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
I coniugi si sono sposati il 30 aprile 1992. Dalla loro unione è nato un figlio nel 1995. I coniugi si sono separati di fatto nel settembre 2011.
il 17 aprile 2013 il giudice di prima istanza ha emanato delle misure a protezione (tutela) dell'unione coniugale a seguito della relativa procedura avviata dalla moglie. Tra le varie decisioni ha anche previsto l'obbligo contributivo del padre a favore del figlio pari a CHF 2'000.00 mensili per un certo periodo, importo aumentato a CHF 3'500.00 mensili dal 1° luglio 2013 fino ai 25 anni, a condizione della continuazione degli studi condotti regolarmente; quest'ultimo importo è stato confermato in sede di appello, tuttavia a partire dal 1° agosto 2013 e fino al termine degli studi o della formazione seguita regolarmente, oltre assegni famigliari o di studio.
Il figlio non si è espresso in pima sede in merito alla richiesta della madre di alimenti a suo favore anche dopo la maggiore età, mentre il tribunale d'appello in sede di ricorso lo ha interpellato.
Il marito ha ricorso al Tribunale federale.
Il marito sostiene che è arbitrario riconoscere retroattivamente in sede di appello la legittimazione attiva della moglie di agire in nome e per conto del figlio, divenuto maggiorenne durante la procedura in prima sede e che non era stato sollecitato dal primo giudice a dare il proprio consenso alla pretese della madre a proprio favore; il ricorrente ha citato a tal proposito la sentenza DTF 129 III 55.
Secondo la giurisprudenza citata dal ricorrente, e pubblicata in DTF 129 III 55 (cfr. anche caso 079), la facoltà del genitore detentore dell'autorità parentale di agire in proprio nome al posto del figlio perdura anche dopo la maggiore età se il figlio divenuto maggiorenne vi acconsente. Ciò vale anche nell'ambito delle misure a tutela (o protezione) dell'unione coniugale (sentenza TF 5A_104/2009 del 19 marzo 2009, consid. 2.2). Il figlio deve essere consultato e ciò suppone che sia al corrente sia dell'esistenza dell'azione giudiziaria sia delle conclusioni prese nei confronti dell'altro genitore per il suo mantenimento dopo la maggiore età. Se il figlio approva - se del caso anche tacitamente (sentenza TF 5C.240/2002 del 31 marzo 2003, consid. 3.1 e sentenza TF 5A_186/2012 del 28 giugno 2012, consid. 1.2) le pretese a suo favore la vertenza è continuata dal genitore detentore dell'autorità parentale e il giudizio dovrà indicare che il contributo di mantenimento a favore del figlio maggiorenne gli dovrà essere versato direttamente (DTF 129 III 55, consid. 3 e riferimenti; cfr. sentenza TF 5A_18/2011 del 1° giugno 2011, consid. 5.1.2; sentenza TF 5A_287/2012 del 14 agosto 2012, consid. 3.1.3).
Orbene, nel caso concreto è pacifico che il figlio divenuto maggiorenne in corso di procedura non ha espresso il suo consenso in prima sede. Tuttavia, contrariamente a quanto ritiene il ricorrente (e l'autorità cantonale di ricorso), l'accordo può anche essere tacito, ciò che era stato ritenuto dalla prima istanza la quale, in modo del tutto sostenibile, aveva rilevato che il figlio viveva con la madre e aveva dei difficili rapporti con il padre. Questa giurisprudenza non impedisce in ogni caso l'autorità cantonale di ricorso di interpellare il figlio divenuto maggiorenne durante la procedura di prima istanza affinché egli dia in modo espresso il proprio consenso alla pretese fatte valere per lui dal genitore. E' d'altra parte capitato al Tribunale federale di interpellare una figlia divenuta maggiorenne prima della decisione di prima istanza, affinché si pronunciasse esplicitamente sulle pretese fatte valere per lei dalla madre (sentenza 5C.240/2002 del 31 marzo 2003, consid. 3.2).
Sempre nel caso concreto il Tribunale federale ha rilevato che il Tribunale d'appello aveva interpellato il figlio maggiorenne, il quale non solo ha indicato di aderire alle richieste della madre a proprio favore, ma ha anche di essere stato informato della procedura sin dall'inizio.
In tali circostanze la decisione del Tribunale d'appello non è certo insostenibile.
Data modifica: 01/01/2015