Caso 203 del 29/09/2008
Il figlio maggiorenne agli studi deve utilizzare il proprio reddito e sostanza per mantenersi agli studi?
In una sentenza del 24 settembre 2007 il Tribunale d’appello di Lugano ha stabilito quanto segue:
Per un maggiorenne si può legittimamente pretendere che prima di chiedere ai genitori un finanziamento degli studi faccia capo anche al suo proprio patrimonio.
Un figlio maggiorenne intenzionato a ottenere un aumento del contributo di mantenimento previsto in una sentenza di divorzio dei genitori deve promuovere un’azione di mantenimento autonoma secondo il diritto di filiazione e non una causa volta alla modifica della sentenza di divorzio. Non torna applicabile il principio inquisitorio illimitato.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
Secondo l'art. 277 cpv. 2 CC se, raggiunta la maggiore età, il figlio non ha ancora ultimato la propria formazione, i genitori, per quanto si possa ragionevolmente pretendere da loro dato l'insieme delle circostanze, devono continuare a provvedere al suo mantenimento fino al momento in cui questa formazione possa normalmente concludersi. Brevi interruzioni e casuali insuccessi poco importano, sempre che lo studente dimostri impegno, diligenza e volontà di apprendimento (Forni, Die Unterhaltspflicht der Eltern nach der Mündigkeit des Kindes in der bundesgerichtlichen Rechtsprechung, in: ZBJV 132/1996 pag. 439 seg.).
Secondo l'art. 276 cpv. 3 CC i genitori sono liberati dall'obbligo di mantenimento nella misura in cui si possa ragionevolmente pretendere che il figlio vi provveda da sé con il ricavo del proprio lavoro o con altri mezzi. La capacità economica del figlio va considerata quand'anche i genitori abbiano mezzi sufficienti (Hegnauer, Berner Kommentar, ed. 1997, n. 92 ad art. 277 CC). Il figlio maggiorenne deve quindi provvedere alla sua formazione facendo capo in primo luogo ai propri elementi di reddito e di sostanza. Uno studente in lettere, ad esempio, può esercitare un'attività accessoria del 20% e guadagnare CHF 700.– mensili (sentenza del Tribunale federale 5C.150/2005 dell'11 ottobre 2005, consid. 4.4.1 e 4.4.2; Breitschmid in: Basler Kommentar, ZGB I, 3ª edizione, n. 31 ad art. 276, caso-143).
Per l'educazione di un minorenne i genitori possono impiegare non solo i redditi della sostanza del figlio (art. 319 cpv. 1 CC), ma anche – dandosene la necessità – la sostanza medesima (art. 320 cpv. 1 CC). Ciò vale a maggior ragione per un maggiorenne, dal quale si può legittimamente pretendere che prima di chiedere ai genitori un finanziamento degli studi faccia capo al suo proprio patrimonio.
Nel caso concreto il Tribunale d'appello ha precisato che occorre da un lato valutare la consistenza della sostanza dei figli e dall'altro la capacità economica dei genitori. Nel nostro caso i due figli maggiorenni che chiedono alimenti sono possessori di 1 kg d'oro ciascuno e proprietari, in ragione di 1/2 ciascuno, di un rustico il cui valore di stima ufficiale ammonta a CHF 72 210.00 (per cui con un valore commerciale, anche se non accertato, senz'altro superiore). Pur annotando che in una precedente sentenza il Tribunale federale aveva ritenuto iniquo imporre a una figlia maggiorenne agli studi di alienare una tenuta forestale (di cui tuttavia si ignorava non solo il valore, ma anche la concreta possibilità di realizzazione) di fronte alla ragguardevole forza economica del padre, tassato per un reddito di CHF 465 000.00 annui (DTF 111 II 410), nella fattispecie che ci occupa il Tribunale d'appello ha precisato che il padre (a cui sono stati chiesti gli alimenti), se dovesse pagare alimenti per i figli maggiorenni, si ritroverebbe praticamente con la copertura del solo fabbisogno personale. In circostanze simili, a prescindere dal kg d'oro, i figli non possono pretendere di conservare per sé l'intero controvalore di almeno CHF 72 210.00, a parte il fatto che senza essere venduto il rustico potrebbe anche essere appigionato a terzi e produrre un reddito. Quindi, date le circostanze del caso specifico, nella fattispecie il Tribunale d'appello ha chiaramente indicato che non vi sono le premesse per obbligare il padre a stanziare contributi di mantenimento, quand'anche da un profilo meramente contabile egli sarebbe in grado di erogare parte del mantenimento.
Annoto infine che trattandosi di contributi per figli maggiorenni, non si applicava il principio inquisitorio illimitato (Wullschleger, n. 19 e 20 delle osservazioni generali agli art. 276–293 CC con riferimenti).
* Sentenza pubblicata sul sito internet del Tribunale d'appello: I CCA 11.2004.148.
Data modifica: 29/09/2008