Caso 398 del 16/03/2017
I coniugi per divorziare devono preliminarmente vivere separati?
in una sentenza del 19 settembre 2016 il Tribunale d’appello di Lugano ha stabilito quanto segue:
Nessuna norma prescrive che un'istanza comune di divorzio presupponga la vita separata dei coniugi. Pendente la causa di divorzio ogni coniuge ha diritto e non l’obbligo di sospendere la comunione domestica per la durata della procedura.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
Il 1° marzo 2016 i coniugi hanno introdotto un'istanza comune di divorzio con intesa totale. Fra i documenti giustificativi annessi alla convenzione si trovano i due contratti di locazione: quello del marito e quello della moglie. Il Giudice, reputando non chiara l'intervenuta sospensione della comunione domestica, ha assegnato ai coniugi un termine per produrre la documentazione attestante due domicili separati, segnatamente il “certificato di domicilio aggiornato” del marito. Accertato che la documentazione richiesta non era stata prodotta il Giudice ha emanato una decisione di non entrata in materia, dichiarando irricevibile l'istanza comune di divorzio.
Il marito ha impugnato la decisione al Tribunale d’appello. Egli fa valere, nell'appello, di avere adeguatamente documentato il suo domicilio separato producendo il contratto di locazione relativo all'appartamento da lui appigionato.
Secondo il Tribunale d’appello la questione in effetti non si dirime con un “certificato di domicilio aggiornato”. L'autorità comunale può attestare solo l'esistenza di un domicilio amministrativo (o “politico”), il quale non va confuso con il domicilio civile degli art. 23 segg. CC. Mal si comprende dunque l'insistenza del primo giudice affinché il marito comprovasse con documenti la sua residenza anagrafica.
Il primo giudice ha sostenuto che indagare sul domicilio del marito è necessario per accertare un domicilio diverso da quello della moglie, “considerato come condizione imprescindibile dell'omologazione di una convenzione sulle conseguenze accessorie del divorzio è l'avvenuta sospensione della comunione domestica, giacché l'esame sull'adeguatezza dell'accordo può essere validamente esperito ed ha un senso unicamente se la vita separata (che la convenzione intende, appunto, regolare) è effettivamente e già da un certo tempo in essere”. Secondo il Tribunale d’appello simile argomentazione non solo è erronea, ma addirittura contraria al diritto federale. Nessuna norma prescrive infatti che un'istanza comune di divorzio presupponga la vita separata dei coniugi, men che meno “da un certo tempo”. Vale semmai il contrario, ovvero che pendente la causa di divorzio ogni coniuge ha diritto di sospendere la comunione domestica per la durata della procedura (art. 275 CPC). Non è tuttavia un obbligo. I coniugi che instano per il divorzio senza essersi ancora separati sono rimessi alla loro responsabilità per quanto attiene alla definizione dei rispettivi fabbisogni e non spetta al giudice imporre loro di dividersi.
Il Tribunale d’appello ha dunque giudicato che il primo giudice è caduto in un diniego di giustizia, la sua decisione è stata così annullata e gli atti sono stati ritornati in prima sede perché riprendesse l'esame dell'istanza comune di divorzio.
Data modifica: 16/03/2017