Caso 359 del 01/07/2015
Quando si è in presenza di un’emergenza probatoria?
In una sentenza del 14 luglio 2014 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:
Chi fa valere una pretesa di partecipazione patrimoniale deve provare che i valori patrimoniali da lui asseriti erano presenti al momento dello scioglimento del regime dei beni. La stessa ripartizione dell’onere probatorio vale anche per le donazioni e le alienazioni patrimoniali. Un altro grado di prova si giustifica unicamente quando una prova rigorosa non è esigibile secondo la natura delle cose, e sussiste di conseguenza una vera e propria emergenza probatoria, la quale giustifica una riduzione dell’onere probatorio alla verosimiglianza prevalente. Un’emergenza probatoria è data nel caso di una cassetta di sicurezza gestita autonomamente dal cliente, del cui contenuto la banca non ha nessuna conoscenza. Qualora sia data un’emergenza probatoria, anche nell’ambito dello scioglimento del regime dei beni è ammissibile procedere a una stima della somma esatta del denaro contante contenuto in una cassetta di sicurezza.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
I coniugi si sono sposati nel 1989, sotto il regime ordinario della partecipazione agli acquisti. Dal loro matrimonio è nata una figlia, ormai maggiorenne. Durante il matrimonio i coniugi hanno condotto assieme un’azienda. Si sono separati nel 2002 e successivamente solo uno dei coniugi ha continuato l’attività, fino al 2005. Nel mese di novembre 2004 i coniugi hanno inoltrato un’istanza comune di divorzio, non trovando alcun accordo sulle relative conseguenze accessorie; è rimasta controversa la liquidazione del regime matrimoniale ed in particolare la divisione dell’importo a contanti derivante dall’attività aziendale comune contenuto in una cassetta di sicurezza e prelevato dal coniuge titolare della cassetta nel mese di maggio 2002.
E’ pacifico che l’esatto importo contenuto nella cassetta di sicurezza al momento del suo prelevamento nel 2002 non è stato comprovato. I giudici cantonali hanno proceduto tuttavia ad una stima, ciò che è stato contestato dall’altro coniuge.
Chi fa valere una pretesa derivante dal regime matrimoniale deve comprovare che i relativi valori sussistevano al momento dello scioglimento del regime. Lo stesso vale per liberalità e alienazioni ai sensi dell’art. 208 CC, il quale prevede che sono reintegrate negli acquisti le liberalità fatte da un coniuge negli ultimi cinque anni prima dello scioglimento del regime dei beni senza il consenso dell'altro, eccettuati i regali d'uso e le alienazioni fatte da un coniuge durante il regime dei beni con l'intenzione di sminuire la partecipazione dell'altro. Chi desidera far valere il diritto a reintegrare dei beni negli acquisti non deve dimostrare solo la sussistenza di un bene in un certo momento, ma anche il destino che ha avuto; non trova alcuna giustificazione un ribaltamento dell’onere della prova (DTF 118 II 27, consid. 2-4). La maggior parte delle volte si è in presenza di conti bancari, i quali possono essere comprovati mediante estratti conto, documenti fiscali e documenti analoghi (sentenza TF 5C.66/2002 del 15 maggio 2003, consid. 2.4.2, non pubblicato in DTF 129 III 481; sentenza TF 5A_662/2008 del 6 febbraio 2009, consid. 2 e sentenza TF 5A_714/2009 del 16 dicembre 2009, consid. 4). In questi casi una prova rigorosa si impone.
Diversa è la situazione in presenza di cassette di sicurezza. In questi casi il cliente gestisce autonomamente il contenuto della cassetta di sicurezza e la Banca non è al corrente del relativo contenuto; la Banca prende nota solo della data e della persona che si è occupata dell’apertura della cassetta di sicurezza, vale a dire il titolare o un procuratore. In tale caso si è in presenza di un’emergenza probatoria (per il concetto cfr. DTF 130 III 321, consid. 3.2, pag. 324; DTF 137 III 255, consid. 4.1.2, pag. 257).
Ad una prova stretta, rigorosa, si può derogare solo se si può comprovare il bene e chi ha l’onere della prova ha fatto il possibile anche per determinarne il valore (DTF 116 II 225, consid. 3b, pag. 229 e segg.). Questa giurisprudenza fa riferimento all’applicazione analogica dell’art. 42 cpv. 2 CO (DTF 128 III 271, consid. 2b/aa, pag. 276), il quale indica che il danno di cui non può essere provato il preciso importo, è stabilito dal prudente criterio del giudice avuto riguardo all'ordinario andamento delle cose ed alle misure prese dal danneggiato.
Nel caso concreto è pacifico che nella cassetta di sicurezza si trovasse denaro da annoverare negli acquisti (art. 197 cpv. 2 cifra 1 CC) e che doveva essere diviso a metà (art. 200 CC e art. art. 215 CC). Accertata la sua sussistenza, i giudici cantonali hanno a ragione stimato l’ammontare di tale denaro, tenuto conto che una prova stretta al riguardo non poteva essere pretesa.
Data modifica: 01/07/2015