Procedura di protezione dell’unione coniugale – Obbligo della moglie di lavorare

Caso 49 del 17/12/2001

Nonostante il matrimonio sia di lunga durata e la moglie abbia sempre svolto in modo preponderante l’attività di casalinga, in una procedura di protezione dell’unione coniugale il Giudice può costringerla ad intraprendere o estendere un’attività lavorativa?

In una sentenza del 22 novembre 2001* il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:

In un matrimonio di lunga durata la ripartizione dei ruoli concordata dai coniugi nella gestione della famiglia va seriamente considerata, siccome si può ritenere che la medesima dovesse continuare nel tempo (cfr. anche DTF 114 II 13, consid. 4, pag. 16)
Se la separazione di fatto dei coniugi è da intendersi duratura, si può computare ad un coniuge un reddito potenziale, sempre che l’aumento delle sue entrate sia possibile e ragionevolmente esigibile (DTF 119 II 314 consid. 4a, pag. 316). L’art. 125 cpv. 2 CC descrive i criteri secondo i quali si può ritenere esigibile il conseguimento di un reddito dopo la pronuncia del divorzio. Questi criteri si applicano anche per l’accertamento del reddito ipotetico nell’ambito delle misure di protezione dell’unione coniugale.


Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni


Nel caso concreto i coniugi si sono sposati nel 1980 e i figli sono da poco maggiorenni (il primo è del 1980 e il secondo del 1983). La moglie, che ha 41 anni, si è occupata della loro crescita in modo prioritario e da qualche tempo ha ripreso l'attività lavorativa, per cui ha una formazione professionale, lavorando al 20%.
Il Tribunale federale non ha considerato arbitrario ritenere che in queste circostanze, ossia laddove la moglie tra l'altro non ha più l'onere della cura e custodia dei figli, vada imposto il computo di un reddito, dando alla moglie un tempo di qualche mese per aumentare le proprie entrate. A queste condizioni il Tribunale federale non ha ritenuto arbitrario derogare al principio della ripartizione dei ruoli durante il matrimonio, costringendo così la moglie ad estendere la propria attività lavorativa anche se il matrimonio non è stato sciolto, ma è stata decisa una misura di protezione dell'unione coniugale.
Va naturalmente precisato che trattandosi di un ricorso di diritto pubblico, il Tribunale federale si è pronunciato solo sull'arbitrarietà o meno della decisione del Tribunale cantonale, mentre il suo giudizio non si è esteso alla questione a sapere se vi fosse una soluzione del caso più sostenibile. Una decisione opposta poteva essere considerata pure non arbitraria. E' comunque interessante notare come la giurisprudenza federale abbia confermato il criterio secondo cui in caso di separazione di fatto che si ipotizza essere di lunga durata, al coniuge più debole finanziariamente - di regola la moglie - possa essere imposto di estendere la propria attività lavorativa, anche se durante la vita comune la ripartizione dei ruoli voluta dai coniugi era differente.

Per maggiori indicazioni cfr. anche caso-148.

* Sentenza non pubblicata nella Raccolta Ufficiale, ma pubblicata sul sito Internet del Tribunale Federale: 5P.312/2001/sch cfr. tra l'altro anche la sentenza pubblicata in DTF 128 III 65 (SJ 15/2002, pag. 238).


Data modifica: 17/12/2001

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