Caso 117 del 12/12/2004
Quale è l’autorità giudiziaria competente a cui dirigere una domanda di provisio ad litem per la procedura d’appello?
Quale è il metodo applicabile per calcolare il contributo di mantenimento dopo il divorzio in caso di matrimonio di lunga durata?
In una sentenza del 18 ottobre 2002*, il Tribunale d’appello di Lugano ha stabilito quanto segue:
Anche per le spese giudiziarie relative ad una procedura d’appello l’istanza di provisio ad litem va introdotta davanti al Pretore.
In caso di matrimonio di lunga durata il coniuge creditore del contributo di mantenimento ha diritto di conservare – per principio – il livello di vita avuto durante la comunione domestica.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
Della sentenza in questione ritengo importante evidenziare due aspetti: la procedura da seguire per le domande di provisio ad litem e il principio sul metodo di calcolo da applicare dopo il divorzio in caso di matrimoni di lunga durata.
Per quanto riguarda la domanda di provisio ad litem, occorre ricordare che l'obbligo, per un coniuge, di fornire una provvigione di causa all'altro è una misura provvisionale nel senso dell'art. 137 cpv. 2 CC (ricordiamo al proposito il caso-099). La competenza decisionale è sempre del Pretore, anche quando è pendente una procedura d'appello sulla sentenza di merito. La procedura è quella dell'art. 376 cpv. 2 let. d CPC.
Sostanzialmente in appello i provvedimenti cautelari (adottati in questo caso dal Presidente della Camera o dal Giudice delegato - art. 377 cpv. 2 CPC) si possono chiedere solo con un'istanza proposta nell'ambito di un appello su domanda cautelare già decisa dal primo giudice, dalla quale appunto trae il suo fondamento processuale, o con un'istanza proposta in una causa portata direttamente in appello (I CCA 21.09.1989 in re C. c. C.; Cocchi/Trezzini, CPC annotato, N. 2 ad art. 377 CPC).
Da ciò ne deriva che una domanda di provisio ad litem va inoltrata davanti al Pretore.
Relativamente al metodo applicabile per il calcolo degli alimenti dopo il divorzio va detto che in un matrimonio di lunga durata il coniuge ha diritto di vedersi riconoscere l'equivalente del tenore di vita avuto durante l'economia domestica.
Innanzi tutto va chiarito il concetto di "lunga durata del matrimonio": per matrimonio si deve intendere la vita comune, ossia sotto lo stesso tetto, e non la durata effettiva del legame matrimoniale; inoltre il numero di anni per considerare un matrimonio di lunga durata è di ca. 10 anni; per contro un matrimonio durato solo 5 anni dev'essere considerato di corta durata (I CCA sentenza del 12.12.2001, inc. 11.2000.149).
Sul metodo di calcolo del contributo di mantenimento post divorzio in caso di matrimoni di lunga durata, il Tribunale d'appello ha indicato che occorre riferirsi al tenore di vita goduto dai coniugi durante la comunione domestica; di conseguenza se il coniuge creditore del contributo di mantenimento riesce a sopperire con le proprie entrate al proprio fabbisogno minimo, ma il medesimo è inferiore al tenore di vita goduto durante il matrimonio, di regola egli può pretendere il versamento di un contributo di mantenimento anche una volta pronunciato il divorzio. Occorre considerare che la prova del livello di vita goduto dai coniugi durante il matrimonio incombe a chi vuole prevalersene, per cui al coniuge creditore. Più tempo è trascorso dalla separazione di fatto e meno l'onere della prova può essere rigoroso. Per poter operare un corretto calcolo occorre dunque verificare redditi e il fabbisogno della famiglia al momento della separazione di fatto e in seguito determinare redditi (se del caso potenziali) e fabbisogni al momento della decisione finale. Da notare ancora che in ogni caso i contributi di mantenimento dopo il divorzio vanno stabiliti giusta l'art. 125 CC e non secondo l'art. 163 CC, per cui concretamente non vi sarà nessuna "eccedenza" da ripartire (ossia facendo il cosiddetto "calcolo delle eccedenze" alla data del divorzio), siccome l'ammontare del "debito mantenimento" dipende esclusivamente dal tenore di vita avuto dai coniugi durante la comunione domestica e non deve eccedere tale livello; occorrerà per contro tenere in considerazione la disponibilità della famiglia al momento della separazione di fatto (redditi dedotto il fabbisogno familiare) ed adeguarla al momento della decisione sugli alimenti post divorzio, tenuto conto evidentemente anche della situazione economica del coniuge debitore.
Per un calcolo dettagliato, essendo improponibile esporlo con una semplice tabella nel presente commento, si rimanda alla lettura della sentenza del Tribunale d'appello.
* Sentenza non pubblicata, ma reperibile sul sito internet del Tribunale d'appello: I CCA 11.2001.130/136.
Data modifica: 12/12/2004