Regime matrimoniale – investimento in un fondo di terzi – ammortamenti – lavori effettuati personalmente da un coniuge – versamento in contanti di prestazioni d’uscita

Caso 149 del 15/05/2006

Il marito ha investito in beni di proprietà del padre: la moglie può avanzare pretese nell’ambito della liquidazione del regime matrimoniale? Cosa occorre provare per poter vantare dei diritti in caso di ammortamenti? Come è considerato il lavoro personale di un coniuge? Versamento in contanti di prestazioni d’uscita: acquisti o beni propri?

In una sentenza del 28 agosto 2004*, il Tribunale d’appello di Lugano ha stabilito quanto segue:

L’art. 209 cpv. 3 CC non è applicabile qualora acquisti di un coniuge siano stati investiti in un fondo di terzi, nemmeno ove tale fondo sia entrato poi a far parte dei beni propri del coniuge che ha proceduto al finanziamento. L’art. 209 cpv. 3 CC si applica invece all’ammortamento dell’ipoteca che grava il fondo in questione dal momento in cui il coniuge è divenuto proprietario di esso. Il calcolo del diritto al compenso presuppone tuttavia che si conosca l’entità dell’ammortamento, il valore del bene al momento dell’investimento e il valore di esso al momento della liquidazione del regime.
I lavori fatti da un coniuge per la massa dei beni propri sono anch’essi considerati acquisti.
Il versamento in contanti di prestazioni d’uscita qualora non si siano verificati casi di previdenza prima dello scioglimento del regime va attribuito alla massa dei beni propri.


Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni


La sentenza in questione tratta in particolare di alcuni argomenti legati all'art. 209 cpv. 3 CC e della questione relativa alla qualifica di bene proprio o acquisto di prestazioni d'uscita incassate dopo la litispendenza di una procedura di divorzio o di separazione coniugale.
L'art. 209 cpv. 3 CC indica che se una massa patrimoniale ha contribuito all'acquisto, al miglioramento o alla conservazione di beni dell'altra e ne è derivato un plusvalore o un deprezzamento, il diritto al compenso è proporzionale al contributo prestato ed è calcolato secondo il valore dei beni al momento della liquidazione o dell'alienazione. Nel caso concreto i lavori di ristrutturazione e ampliamento dell'abitazione risalgono agli anni 1981/82, quando la particella apparteneva ancora al padre del marito, il quale ha poi donato il fondo al figlio - a titolo di anticipo ereditario - il 29 ottobre 1984, momento in cui gli interventi erano già terminati; in concreto non sono dunque in discussione contributi tra fidanzati, giacché al momento dei lavori sulla particella le parti erano sposate da tempo, né è questione di contributi di un coniuge all'acquisto, al miglioramento o alla conservazione di beni dell'altro, il marito avendo compiuto investimenti su beni di un terzo (il padre). Tutt'al più liberalità o alienazioni fatte con l'intenzione di sminuire la partecipazione dell'altro coniuge possono, se del caso, essere soggette a reintegra negli acquisti in virtù dell'art. 208 CC.
Per quanto concerne gli ammortamenti, il Tribunale d'appello ha indicato che pur conoscendo l'ammontare dell'investimento (ossia il totale degli ammortamenti), in assenza di ogni elemento inerente al valore antecedente del bene e dandosi dati incompleti sul suo valore attuale, le pretese avanzate da un coniuge sulla base dell'art. 209 cpv. 3 CC vanno respinte (I CCA, sentenza del 16 marzo 1999 in re G. consid. 4c, confermata nella sentenza del Tribunale federale del 29 giugno 1999 pubblicata in: Rep. 1999 pag. 153).
Per quanto riguarda le opere attuate personalmente dal marito, i lavori fatti da un coniuge per la massa dei beni propri sono anch'essi considerati acquisti, sicché la massa di questi ultimi acquisisce un credito pari al valore di tale lavoro nei confronti della massa che ne ha beneficiato (DTF 123 III 123, pag.156 consid. 6a/aa con rimando; NÄF-HOFMANN, Schweizerisches Ehe- und Erbrecht, Zurigo 1998, pag. 391 n. 1396).
Secondo l'art. 197 cpv. 2 n. 2 CC le prestazioni di istituzioni di previdenza a favore del personale rientrano nella massa degli acquisti. Trattandosi di prestazioni in capitale, l'art. 207 cpv. 2 CC prevede nondimeno un correttivo, nel senso che l'importo ricevuto da un coniuge da un'istituzione di previdenza o per impedimento al lavoro è ascritto ai beni propri solo fino a concorrenza del valore capitalizzato della rendita che sarebbe spettata al beneficiario allo scioglimento del regime dei beni. La norma si applica anche al versamento in contanti di prestazioni d'uscita (DTF 127 III 433, pag. 438 verso il basso con numerosi rimandi), le quali, non intervenendo casi di previdenza prima dello scioglimento del regime, vanno attribuite per intero alla massa dei beni propri (HAUSHEER/REUSSER/GEISER, Das Eherecht des Schweizerisches Zivilgesetzbuches, 3a edizione, n. 33 in fine ad art. 207 CC). Nella fattispecie lo scioglimento del regime dei beni risale al 28 agosto 1996, data della litispendenza (art. 204 cpv. 2 CC), mentre l'interessata è stata riconosciuta invalida solo più tardi, dal 1° giugno 1998. Ne discende che tutto l'importo da lei ricevuto dopo la litispendenza dov'essere ascritto alla massa dei beni propri.

* Sentenza pubblicata sulla RTiD I 2005: ICCA 12.9.2004 N. 11.2005.113


Data modifica: 15/05/2006

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