Caso 349 del 01/02/2015
Qualora un coniuge durante il matrimonio, in regime ordinario della partecipazione agli acquisti, trasferisca dei beni a terzi senza il consenso dell’altro coniuge, è possibile con il divorzio chiedere il loro reintegro nell’asse patrimoniale?
In una sentenza del 14 ottobre 2014 il Tribunale d’appello di Lugano ha stabilito quanto segue:
Il coniuge che pretende la reintegrazione di beni negli acquisti dell’altro deve dimostrare non solo che il relativo bene è appartenuto all’altro coniuge in un determinato momento, ma anche quale sia stata la relativa destinazione.
Un consumo eccessivo di acquisti ancora non integra gli estremi di un’alienazione patrimoniale nel senso dell’art. 208 CC.
Sentenza I CCA 11.2012.53
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
I coniugi si sono uniti in matrimonio nel 1999. Nel 2006 la moglie ha inoltrato una procedura di misure a tutela dell'unione coniugale, conclusasi nel 2009. Nel 2009 il marito ha promosso un'azione di divorzio unilaterale e nel 2012 è stata emanata la sentenza di divorzio, appellata da entrambi i coniugi; la procedura si è conclusa con la sentenza d'appello del 2014.
Il pretore ha reintegrato negli acquisti del marito, ordinando un conguaglio di CHF 15'000.00 in favore della convenuta, una somma di CHF 30'000.00 che egli aveva trasferito senza il consenso della moglie alla madre della sua attuale consorte. Ha respinto invece le altre richieste della convenuta volte a reintegrare ulteriori prelievi eseguiti dal marito dai propri conti bancari nel periodo precedente la separazione.
La moglie, appellante, lamenta la mancata reintegrazione di complessivi CHF 60'050.00 negli acquisti del marito. Spiega che costui ha prelevato da conti bancari a lui intestati, occultandoli, almeno CHF 90'100.00. Tempi e modi, a ridosso della separazione, come pure l'intensità delle operazioni, con ripetuti prelievi anche di oltre CHF 10'000.00 in pochi giorni (la riscossione di CHF 24'900.00 in quattro mesi, dal luglio al novembre del 2006, da un determinato conto bancario e di CHF 58'200.00, dal 4 aprile 2005 al 13 luglio 2006, da un altro conto bancario), attesterebbero la volontà di compromettere i diritti di partecipazione di lei. Essa rivendica pertanto la metà delle citate somme.
Dinanzi a tali censure il Tribunale d'appello di Lugano ha fatto le seguenti considerazioni.
In costanza di matrimonio ogni coniuge è libero di disporre dei propri acquisti (art. 201 cpv. 1 CC), fermo restando che vanno reintegrate nei medesimi le liberalità elargite dal coniuge negli ultimi cinque anni prima dello scioglimento del regime matrimoniale senza il consenso dell'altro, eccettuati i regali d'uso, così come le alienazioni fatte con l'intenzione di sminuire la partecipazione dell'altro all'aumento (art. 208 cpv. 1 CC). Il coniuge che pretende la reintegrazione di beni negli acquisti dell'altro deve dimostrare non solo che il relativo bene è appartenuto all'altro coniuge in un determinato momento, ma anche quale sia stata la relativa destinazione (sentenza del Tribunale federale 5A_714/2009 del 16 dicembre 2009, consid. 4.2 con rinvio a DTF 118 II 29 consid. 3). Tale norma non prevede invece di reintegrare negli acquisti di un coniuge un determinato bene per il solo fatto che nel passato quel bene abbia fatto parte degli acquisti (I CCA, sentenza inc. 11.2013.30 del 3 luglio 2014, consid. 3b con riferimenti). Sotto il profilo dell'art. 208 CC, in sintesi, l'uso di acquisti contrario ai doveri del matrimonio non fa nascere – per ciò solo – un diritto al compenso (DTF 118 II 29 consid. 3b).
Nel caso concreto è pacifico che in passato il marito possedesse il denaro indicato dalla moglie. Alla stessa incombeva dimostrare nondimeno che fine quel denaro avesse fatto. Per una reintegrazione a norma dell'art. 208 cpv. 1 n. 1 CC il coniuge in questione deve invero avere elargito liberalità a terzi. Neppure l'appellante adombra tuttavia un'eventualità siffatta se non per l'importo di CHF 30'000.00 accertato dal Pretore. Quanto all'ipotesi di reintegrazione per alienazioni compiute con l'intenzione di sminuire la partecipazione dell'altro all'aumento (art. 208 cpv. 1 n. 2 CC), la circostanza che i prelievi contestati siano avvenuti in buona parte “a ridosso” della presentazione dell'istanza a tutela dell'unione coniugale (ma in realtà nel corso dell'anno e mezzo precedente e in parte anche in seguito) ancora non basta per dimostrare che il marito abbia inteso sminuire la partecipazione della moglie all'aumento. Intanto il marito doveva pur sempre sopperire al fabbisogno di una famiglia di cinque persone. Inoltre egli ha giustificato l'esistenza, prima del matrimonio, di almeno CHF 93'992.50 (beni propri: art. 198 n. 2 CC) che risultavano dalla documentazione bancaria a suo tempo chiesta in edizione. Senza dimenticare che un consumo eccessivo di acquisti ancora non integra gli estremi di un'alienazione patrimoniale nel senso dell'art. 208 CC (sentenza del Tribunale federale 5C.66/2002 del 15 maggio 2003, consid. 2.2 con riferimento a DTF 118 II 30 consid. 4b).
Al riguardo l'appello è stato dunque respinto.
Per un caso in cui un coniuge che vive in Svizzera aiuta economicamente la sua famiglia di origine in un Paese con un tenore di vita molto basso, cfr. sentenza TF 5A_95/2018, consid. 3.2, del 29 agosto 2018.
Data modifica: 24/03/2019