Caso 263 del 16/05/2011
Entro quali tempi può essere considerata tempestiva un’azione di contestazione del riconoscimento di paternità (e un’azione di disconoscimento di paternità), se i termini legali sono scaduti?
In una sentenza del 13 dicembre 2010 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:
La restituzione dei termini ex art. 260c cpv. 3 CC si giustifica solo in casi eccezionali, la nozione di “gravi motivi” dovendosi interpretare in modo restrittivo. Dal momento in cui l’interessato è a conoscenza dei motivi della restituzione del termine, deve agire in giustizia in tempi brevi, vale a dire di regola entro un mese, salvo casi eccezionali.
L’interesse del figlio non costituisce una condizione supplementare per ammettere la restituzione del termine per promuovere l’azione del padre di contestazione del riconoscimento di paternità.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
In caso di genitori non sposati, se il rapporto di filiazione esiste soltanto nei confronti della madre, il padre può riconoscere il figlio (art. 260 cpv. 1 CC). Il riconoscimento può essere contestato davanti al Giudice da ogni interessato, segnatamente dalla madre e dal figlio, ma anche dall'autore del riconoscimento. L'autore del riconoscimento può proporre l'azione soltanto se ha riconosciuto il figlio ad es. trovandosi in errore circa la sua paternità (art. 260a cpv. 1 e 2 CC); in questo caso l'attore deve contestare la paternità entro un anno da quando ebbe conoscenza del riconoscimento e dalla scoperta dell’errore, ma in ogni caso entro cinque anni dal riconoscimento; scaduto il termine, la contestazione è ammessa se il ritardo è giustificato da gravi motivi (art. 260c cpv. 1 e 3 CC). Quest'ultima normativa è analoga nel caso di disconoscimento di paternità (art. 256c CC), vale a dire in questi casi in cui il padre è presunto tale siccome il figlio è nato durante il matrimonio.
Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, la restituzione dei termini ex art. 260c cpv. 3 CC si giustifica solo in casi eccezionali, la nozione di "gravi motivi" dovendosi interpretare in modo restrittivo (DTF 132 III 1, consid. 2.2, pag. 3 e riferimenti, oggetto anche del caso-145). Dal momento in cui l'interessato è a conoscenza dei motivi della restituzione del termine, deve agire in giustizia in tempi brevi (cfr. DTF 132 III 1, consid. 3.2, pag. 5; DTF 129 II 409, consid. 3, pag. 412), vale a dire di regola entro un mese, salvo casi eccezionali come ad es. la malattia o l'assenza per vacanze (DTF 132 III 1, consid. 3.2, pag. 5 e sentenza TF 5C.113/2005 del 29.09.2005 quali esempi di azione introdotta tempestivamente; DTF 85 II 305, consid. 2, pag. 311/312 e sentenza TF 5C.217/2006 del 19.02.2007 per esempi di azioni introdotte tardivamente).
Nel caso concreto il riconoscimento da parte della persona che riteneva essere il padre è avvenuta pochi giorni dopo la nascita del figlio (1994). Successivamente i genitori (presunti tali) si sono sposati (1995) e più tardi hanno divorziato (2008).
Il 3 ottobre 2008 l'ex marito ha promosso una procedura di disconoscimento di paternità. I Giudici hanno esaminato il caso sotto il profilo della contestazione del riconoscimento di paternità, avendo l'attore riconosciuto il figlio prima del matrimonio.
Dai fatti riportati dalla sentenza risulta che l'attore ha scoperto fortuitamente di non essere il padre nel mese di giugno 2008; la sua non paternità è stata confermata da un esame del DNA eseguito durante un suo viaggio in Bulgaria; tale documento è stato legalizzato il 31 luglio 2008 dal Ministero della Salute Pubblica della Bulgaria e ha dovuto in seguito essere tradotto ufficialmente, con ulteriore legalizzazione del Ministero della Salute Pubblica della Bulgaria avvenuta il 6 agosto 2008; in medesima data il documento è stato apostillato (ai sensi della Convenzione dell'Aia del 5 ottobre 1961) e il presunto padre il 18 settembre 2008 ha ottenuto, per il tramite di un notaio svizzero, la certificazione che l'esame del DNA e la relativa traduzione fossero documenti conformi all'originale. A 15 giorni di distanza da questa certificazione, il presunto padre ha inoltrato l'azione di disconoscimento di paternità.
Orbene, il Tribunale federale ha ritenuto l'azione tempestiva, precisando che l'attore avrebbe agito con tutta la celerità richiesta. In altre parole il Tribunale federale ha dunque ritenuto che nonostante il presunto padre fosse al corrente della sua non paternità dal mese di giugno 2008, viste le formalità necessarie per presentare la documentazione valida dal profilo del diritto svizzero, formalità che si sono concluse 15 giorni prima dell'inoltro della procedura giudiziaria, quest'ultima è stata considerata tempestiva.
A mio giudizio le considerazioni del Tribunale federale sono discutibili, dato che una cosa è avere sufficiente certezza di non essere il padre (e questa certezza esisteva al più tardi nel mese di giugno/luglio 2008, con la conoscenza delle risultanze dell'esame del DNA) e un altra cosa è avere le prove valide dal profilo del diritto per dimostrare validamente ciò davanti al Giudice; nel caso concreto nulla impediva il padre di iniziare la procedura a giugno o luglio 2008 (o per lo meno ad agosto 2008, terminate le formalità in Bulgaria) e nel frattempo espletare le formalità svizzere che gli permettessero di dimostrare al Giudice svizzero la sua non paternità.
Il Tribunale federale conclude inoltre con il precisare che l'elemento relativo all'interesse del figlio (v. anche sentenze TF 5C.130/2003, del 14.10.2003, consid. 2 e TF 5C.292/2005 del 16.03.2006, consid. 3.4) non costituisce una condizione supplementare per ammettere la restituzione del termine per promuovere l'azione del padre di contestazione del riconoscimento di paternità, ma è da prendere in considerazione se le circostanze non sono sufficienti a giustificare l'esistenza dei "motivi gravi"; quindi se in queste circostanze non è nell'interesse del figlio che la questione della sussistenza del legame di filiazione sia comunque chiarita, la restituzione dei termini deve essere negata.
Data modifica: 16/05/2011