Caso 85 del 21/07/2003
In quale misura deve essere presa in considerazione la sostanza nella determinazione del contributo di mantenimento dopo il divorzio?
In una sentenza del 6 settembre 2002 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:
Se la sostanza è stata accumulata durante il matrimonio con uno scopo di previdenza è giustificato utilizzarla per garantire il mantenimento dei coniugi dopo il loro pensionamento.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
Nel caso 084 ho segnalato anche la sentenza qui trattata, laddove appunto il Tribunale federale ha obbligato il marito a versare alla moglie una rendita vita natural durante per colmare la di lei lacuna pensionistica, obbligandolo tra l'altro ad intaccare la propria sostanza.
La sentenza in questione merita qualche approfondimento.
Prima di tutto il Tribunale federale ribadisce chiaramente i seguenti due principi:
- quello del "clean break", secondo cui con il divorzio ciascun coniuge deve, nel limite del possibile, automantenersi, ossia acquistare la propria indipendenza economica e sovvenire autonomamente ai propri bisogni;
- quello della solidarietà, che indica che dopo il divorzio entrambi i coniugi devono sopportare le conseguenze della ripartizione dei compiti concordata durante il matrimonio (art. 163 cpv. 2 CC).
Il Tribunale federale precisa dunque che la rendita è concepita in base alle necessità del coniuge creditore ed è basata sul concetto di debito mantenimento ("entretien convenable"). Sui criteri applicabili al principio, all'ammontare della rendita e alla sua durata rimanda all'art. 125 cpv. 2 CC e alla sentenza DTF 127 III 136, consid. 2a, pag. 138/139 e le relative numerose citazioni (v. anche caso 039).
Per calcolare il debito mantenimento ci si deve riferire al tenore di vita goduto dai coniugi durante il matrimonio (art. 125 cpv. 1 cifra 3 CC); se questo tenore di vita non può essere mantenuto a seguito dei maggiori costi di due economie domestiche separate, il coniuge creditore dell'alimento può allora pretendere di mantenere il medesimo tenore di vita goduto dall'altro coniuge.
Il tenore di vita determinante è quello dei coniugi al momento della separazione di fatto, a meno che il divorzio sia pronunciato dopo una lunga separazione: in questo caso si deve di regola considerare la loro situazione economica durante questa separazione.
L'ammontare del contributo di mantenimento dipende anche dalla sostanza di ciascun coniuge e in determinati casi si può pretendere che venga consumata per il mantenimento. In particolare se è stata risparmiata con lo scopo di previdenza per la vecchiaia, si deve ritenere giustificato utilizzarla a questo scopo.
Nel caso concreto al momento del divorzio, senza considerare la possibilità di consumo della sostanza, il coniuge creditore avrebbe una riduzione del proprio tenore di vita del 40%, ciò che risulta essere incompatibile con i criteri dell'art.125 cpv. 2 CC; il coniuge debitore degli alimenti è medico indipendente e non ha costituito alcun secondo pilastro, per cui i risparmi accumulati durante il matrimonio vanno considerati quali beni con lo scopo di previdenza; orbene, se il regime dei beni fosse quello ordinario della partecipazione agli acquisti, ognuno dei coniugi riceverebbe una somma analoga a titolo di liquidazione del regime matrimoniale (per cui la parità di trattamento sarebbe garantita), mentre se il regime matrimoniale fosse, come nel caso concreto è, in particolare quello della separazione dei beni allora solo uno dei due coniugi conserverebbe tutto o buona parte dei beni risparmiati a scopo previdenziale, per cui nei confronti del coniuge debitore (che ha conservato tali beni) si può esigere che intacchi la sua sostanza per contribuire al debito mantenimento dell'altro coniuge, ossia per garantire a quest'ultimo il mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio o durante il lungo periodo di separazione precedente il divorzio.
Sentenza pubblicata in DTF 129 III 7
Data modifica: 21/07/2003