Alimento pendente causa di divorzio e lacuna previdenziale

Caso 449 del 16/05/2019

Nel calcolo del contributo alimentare pendente una causa di divorzio è possibile conteggiare un importo di lacuna previdenziale?

In una sentenza del 9 aprile 2019 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:

La base legale per la regolamentazione del contributo alimentare pendente la causa di divorzio è data dall’art. 163 CC; tale norma fa riferimento unicamente al mantenimento (cibo, vestiario, costi abitativi, cura del corpo e della salute, ecc.) e non alla previdenza.

Sentenza TF 5A_14/2019 = DTF 145 III 169


Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni


I coniugi si sono sposati nel 2004 e hanno avuto due figli. Dal luglio 2013 vivono separati. In primo grado è pendente una procedura di divorzio. Dal 10 novembre 2017 è anche pendente una procedura cautelare con richieste alimentari per il coniuge e una figlia. Con decisione del 4 luglio 2018 il giudice di prima sede ha regolamentato gli aspetti alimentari. Davanti al Tribunale superiore è rimasto controverso il contributo alimentare muliebre, così come pure dinanzi al Tribunale federale. 

La questione controversa è quella di sapere se il contributo di mantenimento cautelare possa prevedere un importo per la copertura di una lacuna previdenziale, dal momento che dal 01.01.2017 la prestazione di uscita viene suddivisa all’inoltro della procedura di divorzio e non più alla sua pronuncia.

Dal 01.01.2017 il nuovo art. 122 CC prevede che le pretese di previdenza professionale acquisite durante il matrimonio fino all’inoltro della procedura di divorzio sono oggetto di conguaglio; pertanto le prestazioni di uscita accumulate durante la procedura di divorzio rimangono di pertinenza del coniuge che ha svolto l’attività lavorativa. Vari autori di dottrina considerano con ciò che si sia creata una lacuna giuridica da colmare ad es. con il contributo di mantenimento pendente causa (cautelare). Tuttavia il Tribunale federale ha scartato questa ipotesi.

Si tratta pertanto di verificare se nell’interpretazione delle normative sugli effetti del matrimonio, che non sono cambiate nel frattempo, vi sia spazio per considerare una compensazione a livello di alimenti della lacuna previdenziale. Il tema è pertanto l’interpretazione della legge e non l’esistenza di una lacuna di diritto. 

Orbene, la base legale per la regolamentazione del contributo alimentare pendente la causa di divorzio è data dall’art. 163 CC (DTF 130 III 537, consid. 3.2; DTF 137 III 385, consid. 3.1; DTF 138 III 97, consid. 2.2; DTF 140 III 337, consid. 4.2.1) e ciò fintanto che con il divorzio o la regolamentazione delle relative conseguenze accessorie il contributo di mantenimento si baserà sull’art. 125 CC. Quest’ultima normativa comprende anche la componente previdenziale, laddove future lacune derivanti dal matrimonio possono essere compensate, ad es. se create a seguito del fatto che il coniuge mantiene l’impossibilità di lavorare o può lavorare solo a tempo parziale a seguito dell’accudimento dei figli (DTF 135 III 158, consid. 4.1).

L’art. 163 CC è rimasto invariato dall’ultima modifica che risale al 1988 e questo articolo di legge non è stato cambiato neppure quando le normative sulla previdenza professionale sono tate modificate il 01.01.2017 e ciò nonostante il Parlamento fosse cosciente della portata della riforma legislativa. 

Detto in modo riassuntivo - nonostante l’art. 163 CC contempli anche l’obbligo per il coniuge debitore del contributo alimentare di costituirsi una previdenza appropriata, affinché possa provvedere dopo il pensionamento al debito mantenimento della famiglia (DTF 129 III 257, consid. 3.1) -, il contributo alimentare ex art. 163 CC fa riferimento esclusivamente al mantenimento (cibo, vestiario, costi abitativi, cura del corpo e della salute, ecc.) e non alla previdenza.


Data modifica: 22/09/2019

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