Caso 417 del 01/01/2018
A quali condizioni è possibile che i coniugi rinuncino alla suddivisione a metà della previdenza professionale acquisita durante il matrimonio?
In una sentenza del 13 ottobre 2017 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:
Qualora i coniugi decidano per convenzione di derogare alla divisione per metà o di rinunciare al conguaglio della previdenza professionale, il giudice verifica d'ufficio se rimane garantita un'adeguata previdenza per la vecchiaia e per l’invalidità. Il giudice deve procedere con un esame completo della convenzione sottoscritta dai coniugi e non può limitarsi ad esaminare solamente se la convenzione non sia “manifestamente inadeguata” ex art. 279 cpv. 1 CPC.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
I coniugi si sono sposati il 24 gennaio 2012 e dalla loro unione non sono nati figli. Dopo aver introdotto una preliminare procedura di misure a tutela dell’unione coniugale le parti hanno raggiunto un accordo e sottoscritto una convenzione regolante le conseguenze accessorie al divorzio, omologata dal giudice con sentenza del 23 gennaio 2017. In quell’ambito le parti hanno tra l’altro vicendevolmente rinunciato alla suddivisione della previdenza professionale acquisita durante il matrimonio. Secondo il primo giudice la rinuncia reciproca alla suddivisione della cassa pensioni è conforme agli art. 124b cpv. 1 CC e art. 280 cpv. 3 CPC.
Contro la sentenza di divorzio il marito ha presentato appello, chiedendo la suddivisione delle casse pensioni, ciò che si concretizzerebbe con il conguaglio dell’importo di CHF 29’512.30 a favore della di lui cassa pensioni.
L’appello è stato respinto e così il marito ha ricorso al Tribunale federale.
Secondo l’art. 280 cpv. 3 CPC, nel suo tenore in vigore dal 01.01.2017, qualora i coniugi decidano per convenzione di derogare alla divisione per metà o di rinunciare al conguaglio della previdenza professionale, il giudice verifica d'ufficio se rimane garantita un'adeguata previdenza per la vecchiaia e per l’invalidità; l’art. 280 cpv. 3 CPC impone tuttavia la massima inquisitoria solo al giudice di prima istanza (sentenza TF 5A_474/2013, consid. 6.2.2, del 10 dicembre 2013; sentenza TF 5A_862/2012, consid. 5.3.3, del 30 maggio 2013). Il giudice deve procedere con un esame completo della convenzione sottoscritta dai coniugi e non può limitarsi ad esaminare solamente se la convenzione non sia “manifestamente inadeguata” ex art. 279 cpv. 1 CPC (sentenza TF 5A_474/2013 sopra citata, consid. 6.3.2). Deve assicurarsi che il coniuge che rinuncia alla suddivisione benefici in ogni caso di una previdenza adeguata (art. 124b cpv.1 CC) e a tal fine deve segnatamente richiedere d’ufficio i documenti necessari per stabilire l’ammontare degli averi di previdenza di ciascun coniuge (sentenza TF 5A_862/2012 sopra citata, consid. 5.3.3).
L'art. 124b CC entrato in vigore il 1° gennaio 2017 - applicabile al caso concreto in virtù dell’art. 7d cpv. 2 Titolo Finale del CC - indica le condizioni alle quali il giudice o i coniugi possono derogare al principio della suddivisione a metà degli averi previdenziali. Come nel precedente diritto, nell’ambito di una convenzione regolante le conseguenze accessoire al divorzio le parti possono derogare alla suddivisione a metà degli averi previdenziali, rinunciando in parte o completamente a tale divisione. Il nuovo diritto ha reso meno severe le esigenze per permettere tale deroga: se il precedente diritto imponeva di verificare se con la deroga vi fosse in sua sostituzione una previdenza vecchiaia ed invalidità quantitativamente e qualitativamente “equivalente”, il nuovo diritto (art. 124b cpv. 1 CC) fa riferimento alla necessità di prevedere una previdenza vecchiaia ed invalidità “adeguata”; con questa espressione viene tolta l’esigenza quantitativa. Pertanto il giudice deve in particolare verificare che la convenzione sottoscritta dai coniugi sia conforme alla legge (art. 280 cpv. 1 let. c CPC) e verificare d’ufficio che il coniuge che rinuncia alla sua parte benefici di una previdenza adeguata ai sensi dell’art. 124b cpv. 1 CC (art. 280 al. 3 CPC), così da evitare in particolare che il coniuge rinunciante finisca per essere carico dell’Ente pubblico (così come previsto dal Messaggio del Consiglio federale). Il giudice dovrà effettuare una valutazione generale del livello previdenziale del coniuge rinunciante e prendere in considerazione le sue condizioni di vita ed in particolare la sua età. Qualora tale coniuge all’introduzione della procedura di divorzio dovesse disporre di una modesta previdenza professionale, il giudice dovrà verificare se gli sarà possibile costituirsi un’adeguata previdenza dopo il divorzio. Valuterà nel suo insieme la situazione previdenziale delle parti, considerando sia gli averi previdenziali accumulati durante il matrimonio, sia quelli preesistenti. Una rinuncia alla suddivisione degli averi previdenziali in genere non dovrebbe causare alcun problema per i matrimoni di corta durata e dove non siano nati figli. Il giudice dispone di un ampio potere di appezzamento.
Nel caso concreto il ricorrente non ha motivato adeguatamente il proprio ricorso (segnatamente la censura dell’arbitrio) e pertanto le considerazioni dei giudici cantonali sono state confermate, laddove è stato indicato che il coniuge rinunciante è relativamente giovane (42 anni, vale a dire 12 anni più giovane della moglie), dal matrimonio non sono nati figli e vi sono svariati anni davanti a lui (segnatamente 23) per permettergli di costituirsi una previdenza sufficiente; e poi l’unione coniugale è stata breve, dato che il matrimonio è stato celebrato il 24 gennaio 2012 e la procedura di divorzio è stata avviata il 5 luglio 2016. In ogni caso non è la rinuncia del marito alla suddivisione degli averi previdenziali muliebri acquisiti durante il matrimonio che lo porterà a dover ricorrere agli aiuti sociali al momento in cui andrà in pensione.
Il ricorso è stato pertanto respinto.
Data modifica: 01/01/2018