Caso 546 del 01/08/2023
I contributi di terzo pilastro sono presi in considerazione nel calcolo del minimo vitale?
In una sentenza del 19 dicembre 2022 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:
Per un lavoratore dipendente i contributi di terzo pilastro non devono essere presi in considerazione nel calcolo del minimo vitale; tuttavia, nella misura in cui le polizze assicurative sono utilizzate per accumulare risparmi, possono comunque essere prese in considerazione al momento della distribuzione dell’eccedenza.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
Il marito, nato nel 1984, e la moglie, nata nel 1992, si sono sposati nel 2019. Dalla loro unione non sono nati figli. Il 15 gennaio 2021, la moglie ha chiesto al giudice di primo grado delle misure di protezione dell’unione coniugale. All'udienza del 10 marzo 2021, i coniugi hanno specificato di essersi separati di fatto dal 25 novembre 2020.
Con decisione di misure a protezione dell'unione coniugale del 16 giugno 2021, al marito è stato attribuito l’uso dell’abitazione coniugale e a favore della moglie è stato stabilito un determinato contributo di mantenimento mensile. In sede di appello è stato riformato il giudizio sull’ammontare del contributo alimentare muliebre. Il marito ha tuttavia ricorso contro la decisione cantonale al Tribunale federale.
Tra le varie censure, il ricorrente ha criticato il tribunale cantonale per aver arbitrariamente ignorato la sua contestazione, secondo cui i contributi versati per il suo terzo pilastro dovevano essere dedotti dal proprio saldo disponibile (suo reddito meno suo fabbisogno).
Ai sensi della giurisprudenza, per un lavoratore dipendente i contributi di terzo pilastro non devono essere presi in considerazione nel calcolo del minimo vitale (sentenza TF 5A_608/2011 del 13 dicembre 2011, consid. 6.2.3). Nella misura in cui tali polizze assicurative sono utilizzate per accumulare risparmi, possono comunque essere prese in considerazione al momento della distribuzione dell'eccedenza (sentenza TF 5A_973/2021 dell'8 agosto 2022, consid. 4.2 e riferimento). Il principio della parità di trattamento dei coniugi in caso di separazione non deve portare ad un riparto dei beni attraverso la divisione della metà del loro reddito totale, che anticiperebbe la liquidazione del regime matrimoniale, poiché il tenore di vita goduto durante la vita comune costituisce il limite superiore del diritto agli alimenti (DTF 121 I 97 consid. 3b; DTF 118 II 376 consid. 20b; DTF 115 II 424 consid. 3, DTF 114 II 26 consid. 8). Se è accertato che i coniugi non hanno destinato l'intero reddito al mantenimento della famiglia durante la loro vita in comune, la parte di reddito utilizzata per costituire risparmi deve essere dedotta dal saldo disponibile (cfr. DTF 147 III 265, consid. 7.3; sentenza TF 5A_979/2021 del 2 agosto 2022, consid. 4.2.1; sentenza TF 5A_112/2020 del 28 marzo 2022, consid. 6.2).
Nel caso concreto il ricorrente non sostiene che, nonostante i costi aggiuntivi inerenti alla creazione di due economie domestiche separate, la divisione dell'intera eccedenza porterebbe la moglie a godere di un tenore di vita più elevato rispetto a quello goduto prima della separazione. Il Tribunale d’appello non ha affrontato la questione, ma il ricorrente non ha lamentato di avere subito un diniego formale di giustizia vietato dall'art. 29 Cost. Nella misura in cui è ammissibile, la censuraè stata considerata quindi infondata, per cui il ricorso del marito respinto.
Data modifica: 01/08/2023