Caso 428 del 16/06/2018
Cosa accade al credito del figlio contro i genitori se nel frattempo terze persone pagano il mantenimento per lui?
In una sentenza del 19 settembre 2016 il Tribunale d’appello di Lugano ha stabilito quanto segue:
Il terzo che contribuisce volontariamente al sostentamento di un figlio estingue l’obbligo di mantenimento dei genitori fino a concorrenza di quanto ha pagato, ma può – per principio – esercitare regresso contro i genitori valendosi delle norme sulla gestione d’affari senza mandato.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
Con sentenza del 27 novembre 1996 il Giudice di prima istanza ha pronunciato il divorzio e omologato una convenzione in cui il marito si impegnava – fra l'altro – a versare un contributo alimentare indicizzato per la figlia, nata il 21 agosto 1993, dal “diciassettesimo anno di età sino al compimento della maggiore età o eventualmente a compimento della formazione scolastica”. La ex moglie, senza attività lucrativa, si è risposata e ha avuto altri tre figli. Nel giugno del 2011 la figlia comune degli ex coniugi ha ottenuto un diploma di impiegata qualificata alla scuola media di commercio e nel settembre del 2011 ha cominciato a frequentare la scuola alberghiera. Intanto, al compimento del 18° anno di età della figlia (21 agosto 2011), il padre ha cessato il versamento del contributo alimentare. Il 15 marzo 2013 la figlia ha convenuto il padre davanti al Pretore, per ottenere un contributo alimentare di CHF 4000.00 mensili, poi ridotto a CHF 1’500.00 mensili, dall'ottobre del 2011. Invitato a presentare osservazioni, l’ex marito ha proposto di respingere l'azione, contestando la propria legittimazione passiva, con l'argomento che le rette scolastiche della figlia erano già state pagate dal patrigno.
Statuendo il 12 maggio 2014, il Pretore ha condannato il padre a versare alla figlia un contributo alimentare di CHF 1500.– mensili dal 23 ottobre 2011 al 30 giugno 2014, assegni familiari non compresi, momento in cui la figlia avrebbe dovuto concludere gli studi; il primo Giudice ha indicato in particolare che poco importa che nel frattempo il patrigno avesse finanziato gli studi dell'attrice, tale circostanza non comportando la perdita della legittimazione attiva da parte della medesima. Il padre ha dunque ricorso in appello.
Dai fatti emerge che la retta dei semestri, che comprendevano il vitto, l'alloggio, il premio della cassa malati, i libri, il materiale didattico e l'uniforme scolastica per la figlia, è stata pagata dal patrigno, attuale marito della madre.
Che il mantenimento dei figli sia a carico dei genitori, i quali sono chiamati a finanziarlo secondo le rispettive possibilità, è pacifico (art. 276 cpv. 1 CC e art. 285 cpv. 1 CC), così com'è indubbio che tale obbligo duri fino alla maggiore età o al termine della formazione scolastica o professionale del figlio (ove questa intervenga più tardi: art. 277 CC; DTF 139 III 401).
Il diritto di famiglia non contempla norme specifiche sugli effetti legati al pagamento di contributi di mantenimento da parte di terzi, salvo l'art. 289 cpv. 3 CC, il quale prevede che l'ente pubblico è surrogato nei diritti del figlio quando ne assume il mantenimento. Tornano applicabili così le disposizioni generali del diritto delle obbligazioni (art. 7 CC), in virtù delle quali il terzo che estingue un debito in luogo e vece del debitore libera quest'ultimo fino a concorrenza di quanto ha pagato, anche se il versamento è avvenuto all'insaputa o contro la volontà del debitore. “Terzo” nel senso dell'art 68 CO è chi fornisce la prestazione con la volontà riconoscibile di saldare il debito. Il terzo che contribuisce volontariamente al sostentamento di un figlio, di conseguenza, estingue l'obbligo di mantenimento dei genitori fino a concorrenza di quanto ha pagato, ma può – per principio – esercitare regresso contro i genitori valendosi delle norme sulla gestione d'affari senza mandato. In tal caso il figlio non può più convenire in giudizio i genitori per l'ammontare delle prestazioni versate dal terzo (DTF 123 III 163 consid. 4b e 4c con rinvii; sentenza TF 5C. 55/2004 del 19 luglio 2004, consid. 3).
Il padre aveva contestato la legittimazione attiva della figlia, facendo valere che il patrigno l'aveva sostentata in sua vece, fatto questo che non è stato contestato dalla figlia. Essa non ha mai preteso di dover rimborsare al patrigno le prestazioni da lui ricevute, né ha mai asserito che – per avventura – il patrigno l'avesse sovvenzionata con riserva, purché ricuperasse almeno parte dell'esborso con l'azione da lei promossa a titolo di mantenimento. Né ciò può essere presunto, le prestazioni che un patrigno o una matrigna fornisce al figlio del coniuge costituendo – di regola – donazioni o prestazioni eseguite in assolvimento di un dovere morale.
Nella fattispecie il patrigno ha assicurato volontariamente il mantenimento dell'attrice dal settembre del 2011 fino al termine degli studi, nel giugno 2014. La figlia non era più legittimata pertanto ad agire verso il padre per ottenere un contributo alimentare in relazione al medesimo periodo. La sua pretesa è passata, semmai, al patrigno.
Va detto che in questa sentenza il Tribunale d’appello precisa che non disconosce che l'azione di mantenimento intentata dal figlio (minorenne o maggiorenne) contro il genitore può rivelarsi infruttuosa se per il proprio sostentamento in pendenza di causa il figlio fa capo a un terzo. In simili circostanze le volontarie prestazioni del terzo estinguono infatti il debito del genitore a mano a mano che il debito sorge, sicché il figlio si vede disconoscere con la stessa progressione la possibilità di procedere nei confronti del genitore, ma per ovviare a simile stato di cose il figlio può chiedere nondimeno che il genitore sia tenuto a erogare in via cautelare adeguati contributi in forza dell'art. 303 cpv. 1 CPC, ciò che nel caso specifico non è avvenuto.
Il ricorso del padre è stato pertanto accolto e l’azione della figlia respinta.
Data modifica: 16/06/2018