Caso 144 del 26/02/2006
E’ possibile intaccare il fabbisogno minimo di un debitore di alimenti tramite una diffida ai debitori?
In una sentenza dell’8 settembre 2005*, il Tribunale d’appello di Lugano ha stabilito quanto segue:
La procedura di trattenuta avendo indole sommaria, l’intervento del Giudice si limita ai casi in cui il minimo esistenziale del debitore appaia leso già a un primo esame di mera verosimiglianza.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
Secondo l'art. 291 CC, se i genitori trascurano i propri doveri verso il figlio, il giudice può ordinare ai loro debitori che facciano i pagamenti del tutto o in parte nelle mani del rappresentante legale del figlio. Regolamentazioni simili, estese alla protezione del coniuge creditore, le troviamo anche agli art. 177 CC e art. 132 CC, oltre che ad essere applicabili i principi della diffida ai debitori anche nelle procedure cautelari secondo l'art. 137 cpv. 2 CC.
Come indica il Tribunale d'appello nella sentenza oggetto del presente commento, l'avviso ai debitori giusta l'art. 291 CC o 177 CC costituisce una misura di esecuzione privilegiata sui generis (cfr. DTF 110 II 13, consid. 1d e 1e; DTF 130 III 492, consid. 1.3 e rimandi), cui si applicano per analogia i principi applicabili al pignoramento dei redditi in materia esecutiva (cfr. DTF 110 II 15, consid. 4 e sentenza TF del 21 marzo 2005, 5P.414/2004, consid. 3.3).
Tuttavia il Tribunale d'appello evidenzia che sulla questione di sapere se in sede di trattenuta il debitore possa invocare il diritto di conservare l'equivalente del proprio fabbisogno minimo non vi è unità di dottrina.
Il Tribunale ha indicato che in presenza di una convenzione fra le parti o di una sentenza, di regola la trattenuta va pronunciata per l'importo fissato in tale titolo. Il Giudice dell'avviso ai debitori deve vegliare tuttavia a che l'obbligato alimentare non sia posto in una situazione che viola i diritti fondamentali della persona, ma ciò non significa che egli debba riesaminare liberamente il titolo alla base dell'obbligo alimentare; la sua cognizione si limiterà ai casi in cui, rispetto alle circostanze prese in considerazione in tale giudizio, la situazione del debitore sia peggiorata al punto che l'avviso intacchi il di lui fabbisogno minimo (cfr sentenza del del 3 maggio 2004, TF 5P.138/2004, consid. 5.3 con rimandi). La procedura di trattenuta, avendo indole sommaria, l'intervento del Giudice si limita ai casi in cui il minimo esistenziale del debitore appaia leso già a un primo esame, di mera verosimiglianza (cfr. I CCA, sentenza 11.2005.80 del 18 luglio 2005, consid. 5).
Se all'obbligato alimentare è stato computato un reddito ipotetico, i limiti dal pignoramento dei redditi giusta l'art. 93 LEF non trovano applicazione analogica.
Ricordiamo come il Tribunale federale ritenga sempre attuale la propria (controversa) giurisprudenza secondo cui il sistema del riparto dell'ammanco corrisponderebbe meglio alla ratio legis dell’art. 163 CC rispettivamente dell’art. 276 CC in combinazione con l’art. 285 CC, ma un cambiamento del sistema comporterebbe delle difficoltà a livello della messa in pratica, in particolare su due piani: da un lato, nell’ambito del coordinamento tra gli istituti dell’assistenza sociale per la copertura integrale dell’ammanco ripartito; dall’altro, allo stadio dell’esecuzione forzata in caso di parziale o totale mancato pagamento dei contributi di mantenimento (Sentenza pubblicata in DTF 135 III 66, cfr. anche FamPra.ch, 1/2009, N. 2, pag. 145).
* Sentenza non pubblicata, la cui massima è tuttavia reperibile sul sito internet del del Tribunale d'appello: inc. no. 11.2005.12 (massima che tuttavia non riporta nulla in merito alla diffida ai debitori).
Sulla questione della salvaguardia del fabbisogno minimo del debitore alimentare cfr. anche sentenza TF 5A_698/2009, dove si indica anche la base legale della richiesta nel caso in cui il divorzio sia cresciuto in giudicato, mentre non lo siano ancora le relative conseguenze accessorie.
Data modifica: 26/02/2006