Caso 435 del 16/10/2018
Quali sono le condizioni per poter chiedere la revisione di una decisione giudiziaria?
In una sentenza del 10 agosto 2018 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:
La giurisprudenza prevede che per poter chiedere una revisione di una decisione cresciuta in giudicato devono essere adempiute 5 condizioni cumulative.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
I coniugi si sono sposati il 13 giugno 2008. Dal loro certificato di famiglia risulta che sono genitori di due figli, rispettivamente nati nel 2008 e nel 2014.
Il 14 novembre 2014 il Giudice delle misure a protezione dell’unione coniugale ha regolamentato la vita separata, decisione parzialmente modificata con sentenza d’appello del 12 maggio 2015. Successivamente la moglie ha introdotto un’azione di divorzio, nell’ambito della quale il marito ha richiesto delle misure cautelari, appellate dalla moglie, il cui ricorso è stato respinto il 15 dicembre 2017.
Nel frattempo, il 5 ottobre 2017, il padre ha introdotto una procedura di contestazione della sua paternità sul secondo figlio; l’11 dicembre 2017 è stato comunicato alle parti l’esito della perizia da cui si evince che il marito non è il padre del secondogenito. Il 12 marzo 2018 il marito ha chiesto la revisione della decisione d’appello resa nell’ambito delle misure a tutela dell’unione coniugale, postulando segnatamente una modifica retroattiva dei contributi alimentari per il primo figlio e la moglie, nonché la soppressione, sempre retroattiva, degli alimenti per il secondo figlio. La sua domanda è stata respinta in primo e secondo grado, pertanto egli ha presentato ricorso in materia civile al Tribunale federale.
Per giurisprudenza la decisione che si pronuncia sulla revisione di misure a protezione dell’unione coniugale è considerata una decisione cautelare ex art. 98 LTF (sentenza TF 5A_903/2015, consid. 2, del 22 dicembre 2015; sentenza TF 5A_240/2015, consid. 2, del 28 maggio 2015; sentenza TF 5A_59/2012, consid. 1.2 non pubblicato nella sentenza DTF 138 III 382, del 26 aprile 2012). Pertanto le censure si devono forzatamente rivolgere alla violazione del diritti costituzionali, tra cui il divieto di arbitrio.
Giusta l’art. 328 cpv. 1 CPC una parte può chiedere al giudice che ha statuito sulla causa in ultima istanza la revisione della decisione passata in giudicato, ad es. se ha successivamente appreso fatti rilevanti o trovato mezzi di prova decisivi che non ha potuto allegare nella precedente procedura, esclusi i fatti e mezzi di prova sorti dopo la decisione. La giurisprudenza pone cinque condizioni per quel che concerne “i mezzi di prova decisivi” (DTF 143 III 272, consid. 2.2):
- devono portare su fatti anteriori (pseudo nova), che erano stati evocati ma senza poter essere stabiliti o neppure invocati, sia per mancanza di prove, sia perché la parte non li conosceva (fatto anteriore sconosciuto);
- devono esser concludenti, vale a dire essere propri a condurre una modifica della decisione in un senso favorevole al richiedente;
- devono già esistere al momento in cui la decisione è stata adottata (più precisamente fino all’ultimo momento in cui potevano essere ancora prodotti nella procedura principale); i mezzi di prova posteriori sono esplicitamente esclusi (art. 328 cpv. 1 let. a in fine CPC e art. 123 cpv. 2 let. a in fine LTF). In effetti la revisione ha lo scopo di rettificare una decisione a seguito di lacune o inesattezze esistenti al momento in cui è stata emanata e non a causa di eventi posteriori, ciò che esclude i mezzi di prova di cui la data è posteriore;
- devono essere stati scoperti sono successivamente;
- il richiedente non ha potuto invocarli, senza sua colpa, nella precedente procedura.
Nel caso concreto la terza condizione non è adempiuta, dato che la perizia è stata resa dopo l’ultimo momento determinante per l’assunzione delle prove nella precedente procedura (sul tale momento cfr. DTF 143 III 272 consid. 2.3.2); inoltre l’assunzione della perizia non poteva essere motivo di revisione della decisione di misure a protezione dell’unione coniugale in un senso favorevole al richiedente (seconda condizione), ritenuto che il solo fatto che la perizia attesti che il marito non è il padre del secondo figlio non giustifica alcuna modifica retroattiva delle misure a protezione dell’unione coniugale: l’obbligo alimentare di un padre risultante tale nei registri dello stato civile decade con effetto retroattivo da quando è iniziato tale obbligo solo in caso di accoglimento dell’azione di disconoscimento di paternità ed in questo caso gli è data la possibilità di agire con un’azione di indebito arricchimento nei confronti del padre biologico (DTF 129 III 651, consid. 4 e 5.2; v. anche sentenza TF 5P.415/2004, consid. 3.2.2, del 5 gennaio 2005). Pertanto i giudici cantonali non hanno commesso alcun arbitrio nel considerare che la prova della perizia non era un motivo di revisione valido. Il ricorso del marito è stato quindi respinto.
Data modifica: 16/10/2018