La scelta corretta del mezzo di impugnazione e l’indicazione contenuta nella decisione impugnata

Caso 490 del 01/03/2021

La scelta errata del mezzo di impugnazione rende inammissibile il ricorso?

In una sentenza del 17 novembre 2020 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:

la conversione è ammessa se sono adempiute le condizioni di ammissibilità del mezzo di impugnazione corretto, se l’atto ricorsuale può essere convertito nella sua integralità, se la conversione non pregiudica i diritti della controparte e se l’errore non deriva da una scelta deliberata della parte rappresentata da un avvocato di non seguire il mezzo di impugnazione menzionato in calce alla decisione o da un errore grossolano.

Sentenza TF 5A_46/2020


Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni


Con sentenza del 15 febbraio 2001, il giudice di prima istanza ha pronunciato il divorzio dei coniugi e ha ratificato il loro accordo del 7 marzo 2000. Con sentenza del 5 luglio 2019, il medesimo giudice ha respinto la successiva richiesta di interpretazione della citata sentenza presentata dall’ex marito. In calce alla sentenza, il giudice ha indicato il rimendo dell’appello come mezzo di ricorso. Con atto del 9 settembre 2019 l’ex marito, rappresentato da un avvocato, ha impugnato la sentenza del 5 luglio 2019 per il tramite di un appello al relativo Tribunale cantonale. Il 1 ° ottobre 2019, il ricorrente si è rivolto al Tribunale d'appello, scusandosi della sua comunicazione tardiva e precisando che il proprio gravame non doveva essere considerato quale appello ma piuttosto un reclamo. Con sentenza del 25 novembre 2019, il Tribunale d’appello ha dichiarato inammissibile il gravame. Con atto del 17 gennaio 2020, l’ex marito ha proposto ricorso in materia civile avverso tale sentenza dinanzi al Tribunale Federale.

La questione da risolvere è quella di sapere se l’appello del ricorrente avrebbe dovuto essere convertito in reclamo ai sensi dell'art. 319 CPC.

La trasformazione degli atti di ricorso erronei è risolta, a seconda dell'origine dell'errore nella scelta del rimedio giuridico, sulla base del principio della buona fede (art. 5 cpv. 3 Cst.) oppure di quello del divieto del formalismo eccessivo (art. 29 cpv. 1 Cst.) che persegue in tutti i casi le stesse finalità del primo, in quanto non protegge i comportamenti abusivi (sentenza TF 5A_385/2019 dell'8 maggio 2020, consid. 4.1.3). Quando l'errore è il risultato di un'indicazione errata del rimedio giuridico da parte dell'autorità stessa si ritiene, in virtù del diritto alla tutela della buona fede, che la parte che fa affidamento a questa indicazione non deve subire un danno. Le esigenze nei confronti delle parti rappresentate da un avvocato sono tuttavia più elevate: gli avvocati sono tenuti ad effettuare un controllo sommario ("Grobkontrolle") delle indicazioni relative al rimedio giuridico. Non è invece previsto che, oltre ai testi di legge, consultino anche la giurisprudenza o la dottrina ad essa relativa (DTF 138 I 49 consid. 8.3.2 e i riferimenti; sentenza TF 5A_261/2020 del 27 agosto 2020, consid. 5.2; sentenza TF 5A_878/2014 del 17 giugno 2015, consid. 3.1 e 3.2 e riferimenti, non pubblicati, in DTF 141 III 270). Quando invece l'errore è il risultato di una scelta deliberata di una parte rappresentata da un avvocato, non si considera che vi sia un formalismo eccessivo nel rifiutare la conversione dell'atto a causa dell'errore grossolano (sentenza TF 5A_221/2018 del 4 giugno 2018, consid. 3.3.2). Viceversa, si tende a considerare contrario al divieto di formalismo eccessivo il rifiuto della conversione se la scelta dei rimedi giuridici ammissibili non è facilmente riconoscibile (DTF 113 Ia 84, consid. 3b; sentenza TF 5A_112/2010 del 4 giugno 2010, consid. 3.3). In altre parole, la conversione è ammessa se sono adempiute le condizioni di ammissibilità del mezzo di impugnazione corretto, se l’atto ricorsuale può essere convertito nella sua integralità, se la conversione non pregiudica i diritti della controparte e se l'errore non deriva da una scelta deliberata della parte rappresentata da un avvocato di non seguire il mezzo di impugnazione menzionato in calce alla decisione o da un errore grossolano.

Il CPC ha optato per una distinzione bipartita dei rimedi giuridici, ossia un rimedio giudiziario ordinario, l’appello previsto dall'art. 308 e segg. CPC, a fronte di un rimedio giudiziario straordinario, il reclamo previsto dagli artt. 319 segg. CPC. La scelta tra questi due rimedi giuridici, che si escludono a vicenda, dipende unicamente dalla natura della decisione impugnata, o anche dal valore controverso (artt. 308, 309 e 319 CPC).

Una convenzione di divorzio omologata dal giudice può essere oggetto di un'interpretazione che deve essere basata sul significato voluto da questo giudice, e non sulle regole applicabili all'interpretazione dei contratti (DTF 143 III 520 e caso 416). Si deve quindi interpretare la sentenza facendo riferimento al modo in cui il giudice ha inteso la volontà delle parti. Il rimedio contro una decisione di rigetto o di inammissibilità della domanda di interpretazione è il reclamo (art. 334 cpv. 3 CPC e art. 319 e segg. CPC). Se invece il giudice interpreta l'accordo ai sensi dell'art. 334 CPC, il ricorrente deve presentare a dipendenza un appello o un reclamo (DTF 143 III 520, consid. 6.2 e 6.4).

Nel caso concreto, l'avvocato del ricorrente ha sviluppato con il gravame delle brevi considerazioni sulla ricevibilità. Le sue censure erano principalmente di violazione del diritto. Ha anche contestato l'accertamento dei fatti, ma invocando l'arbitrio. Le sue censure erano quindi ricevibili anche nell'ambito di un reclamo ex artt. 319 e segg. CPC. Infine, e soprattutto, è stato sostenuto nel rimedio giuridico seguendo quanto indicato dal giudice di primo grado. In queste circostanze, non si può ritenere che la scelta del rimedio giuridico non presentasse difficoltà e fosse facilmente riconoscibile da un rappresentante professionale, neppure si può rimproverare che l’avvocato del ricorrente abbia scelto un rimedio giuridico diverso da quanto indicato dal giudice di primo grado. La decisione dell'autorità cantonale di ricorso di ritenere irricevibile l’appello del ricorrente e rifiutare di convertirlo in reclamo è stata dunque ritenuta sbagliata.

Il ricorso è stato ammesso.


Data modifica: 01/03/2021

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