Caso 463 del 01/01/2020
In una sentenza del 23 agosto 2019 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:
La legge non prevede alcuna norma specifica che impedisca ad un coniuge di impegnarsi contrattualmente, prima o dopo il matrimonio, di versare un determinato contributo alimentare in caso di divorzio. Tuttavia occorrerà in tal caso l’approvazione del giudice del divorzio.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
Le parti hanno sottoscritto il 7 febbraio 2008 un contratto matrimoniale che prevede tra l’altro un contributo alimentare pari a CHF 20’000.00 mensili a carico del marito e a favore della moglie alla crescita in giudicato di una eventuale futura sentenza di divorzio. Il matrimonio ha avuto luogo il giorno seguente, l’8 febbraio 2008. I coniugi non hanno avuto figli.
Dopo una pregressa procedura di divorzio ex art. 111 CC con accordo completo del 2010, terminata con l’accoglimento di un appello ed il rigetto della richiesta, il 25 settembre 2015 il marito ha presentato un’istanza di divorzio unilaterale a cui ha fatto seguito la relativa sentenza di prima istanza il 25 ottobre 2017, con la quale non è stato previsto alcun contributo alimentare a favore della moglie. L’appello di quest’ultima con cui ha chiesto il versamento di CHF 20’000.00 mensili di alimenti è stato respinto e la stessa di è dunque rivolta al Tribunale federale con ricorso del 14 settembre 2018.
Controversa è la richiesta alimentare di CHF 20’000.00 mensili della moglie. Secondo i giudici cantonali la stessa non sarebbe da accogliere né in base al contratto prematrimoniale del 7 febbraio 2008, né in base all’art. 125 CC, ritenuto che il matrimonio non ha avuto influsso sulla vita matrimoniale (non era in altre parole “Lebensprägend”) e pertanto i coniugi dovevano essere rimessi nella situazione in cui vivevano prima di sposarsi, come se il matrimonio non avesse avuto luogo.
Secondo il Tribunale federale senza dubbio il matrimonio non era “Lebensprägend” e pertanto occorre valutare se la moglie può pretendere il versamento del contributo alimentare in base al contratto prematrimoniale del 7 febbraio 2008, non potendosi escludere d’acchito che il contratto sia manifestamente inadeguato (art. 279 CPC).
Orbene, va subito chiarito che chi ha l’esercizio dei diritti civili ha la capacità di acquistare diritti e di contrarre obbligazioni con atti propri (art. 12 CC). Pertanto ciascun coniuge può, salvo diverso disposto della legge, liberamente concludere negozi giuridici con l’altro o con terzi (art. 168 CC). La legge non prevede alcuna norma specifica che impedisca ad un coniuge di impegnarsi contrattualmente, prima o dopo il matrimonio, a versare un determinato contributo alimentare in caso di divorzio. Tuttavia occorrerà in tal caso l’approvazione del giudice del divorzio (DTF 121 III 393, consid. 5 relativa ad una rinuncia alimentare prematrimoniale; v. anche sentenza TF 5A_980/2018, consid. 3, del 5 giugno 2019; 5A_501/2015, consid. 3.1.1, del 12 gennaio 2016; 5A_40/2011, consid. 3.3, del 21 giugno 2011; 5A_599/2007, consid. 6.1, del 2 ottobre 2008; 5C.270/2004, consid. 4.1, del 14 luglio 2005). Per la validità di un contratto prematrimoniale valgono le norme generali sui contrati, laddove non occorre né un minimo contenuto, né una forma particolare, anche se le parti restano libere di usare la forma dell’atto pubblico per una parte del contratto che lo dovesse esigere (art. 184 CC). Tale contratto non è dunque di principio contrario all’art. 27 CC. D’altra parte non deve neppure contenere gli elementi di reddito e sostanza, i quali vanno attualizzati dal Giudice al momento del divorzio (art. 282 cpv. 1 let. a CPC) e non prima.
L’art. 279 CPC prevede che il giudice omologa la convenzione sulle conseguenze del divorzio quando si sia convinto che i coniugi l’abbiano conclusa di loro libera volontà e dopo matura riflessione e che la medesima sia chiara, completa e non manifestamente inadeguata: il momento determinante dell’esame è quello del divorzio e pertanto il giudice deve considerare le modifiche intervenute dalla data della sottoscrizione del contratto matrimoniale.
Nel caso concreto i Giudici cantonali non hanno applicato correttamente il diritto federale, segnatamente gli art. 279 CPC e art. 282 CPC. Nulla è stato accertato in merito al reddito e la sostanza dei coniugi al momento del divorzio (art. 282 cpv. 1 let. a CPC) e non è stato pertanto neppure affrontato il contenuto dell’art. 279 CPC, laddove è previsto, tra l’altro, che il giudice deve verificare che l’accordo non sia manifestamente inadeguato (sull’argomento cfr. ad es. sentenza TF 5A_43/2016, consid. 3.2., del 30 gennaio 2017). L’accertamento degli elementi previsti dall’art. 282 cpv. 1 let. a CPC è fondamentale e la norma è applicabile sia in caso di procedura di divorzio su richiesta comune, sia in caso di richiesta unilaterale: ciò non serve solo per facilitare un’eventuale procedura di modifica della sentenza di divorzio, ma anche per permettere la verifica delle condizioni dell’art. 279 CPC. La raccolta di tali elementi incombe principalmente al giudice, se del caso tramite interpello, ciò che di conseguenza attenua il principio attitatorio che è applicabile al contributo alimentare post-divorzio (art. 277 cpv. 2 CPC).
Il ricorso della moglie è stato pertanto accolto, la decisione di ultima istanza cantonale è stata annullata e l’incarto ritornato alla medesima per una nuova decisione.
Nota: l’attuale situazione legislativa non è soddisfacente. Se per il regime matrimoniale è possibile adottare una soluzione prima o dopo il matrimonio, senza che il giudice del divorzio possa rimetterla in discussione, questo non vale per le altre conseguenze accessorie segnatamente patrimoniali al divorzio, come ad es. per una rinuncia o fissazione anticipata del contributo alimentare fare coniugi. Su un argomento analogo cfr. sentenza TF 5A_980/2018 del 5 giugno 2019. Inoltre sussiste sempre il principio giurisprudenziale secondo cui solo le convenzioni concluse nell’ambito di una procedura di divorzio su richiesta comune posso essere liberamente revocabili fino al momento dell’audizione dei coniugi da parte del giudice (art. 287 CPC, art. 111 cpv. 1 CC e art. 112 cpv. 2 CC); per contro nelle procedure di divorzio unilaterali (come nel caso sopra commentato e la sentenza TF 5A_980/2018) le parti sono vincolate dal loro pregresso accordo, anche se possono chiedere la sua non omologazione, ma facendo valere determinate argomentazioni.
Su un argomento analogo cfr. caso 407 (validità di un accordo prematrimoniale in ambito di misure a protezione dell’unione coniugale).
Data modifica: 01/04/2020