Riserve dei contributi previdenziali

Caso 467 del 01/03/2020

Le riserve dei contributi previdenziali del datore di lavoro vengono considerate nell’ambito della divisione della previdenza professionale in caso di divorzio?

In una sentenza dell’11 dicembre 2019 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:

Le riserve dei contributi previdenziali che esistono al momento dell’inoltro della procedura di divorzio non fanno parte di principio della prestazione di uscita da dividere con l’altro coniuge; solo a determinate condizioni possono influire sulla liquidazione del regime matrimoniale.

Sentenza TF 5A_130/2019 (DTF 146 III 73)


Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni


Le parti si sono unite in matrimonio nel 1993 e hanno avuto tre figli, ora adulti. Il marito è attivo presso la società “C” SA, di cui è azionista e membro del consiglio di amministrazione. I coniugi si sono separati nel 2013 e hanno regolamentato con un accordo la loro vita separata. Il marito ha inoltrato una procedura di divorzio nel 2017, terminata con la relativa sentenza laddove il giudice ha deciso in particolare l’ammontare della prestazione di uscita da trasferire dalla cassa pensioni del marito su un conto di libero passaggio della moglie e la liquidazione del regime matrimoniale. Dopo la procedura d’appello la vertenza è giunta al Tribunale federale.

La questione giuridica affrontata è quella relativa alla trattazione delle riserve dei contributi previdenziali decisa dal datore di lavoro del marito.

La legge prevede che in caso di divorzio le pretese di previdenza professionale acquisite durante il matrimonio fino all’inoltro della procedura di divorzio debbano essere oggetto di conguaglio (art. 122 CC) e che pertanto le prestazioni d’uscita acquisite, compresi gli averi di libero passaggio e i prelievi anticipati per la proprietà di un’abitazione, siano divisi per metà (art. 123 cpv. 1 CC).

Le riserve dei contributi previdenziali del datore di lavoro sono dei fondi che egli versa oltre agli obblighi legali, di regolamento o contrattuali alla cassa pensioni, vale a dire un anticipo per i suoi obblighi di contribuzione futuri (art. 331 cpv. 3 CO). Secondo il Tribunale federale le riserve dei contributi previdenziali del datore di lavoro non possono essere considerare come “acquisite" ai sensi dell’art. 122 CC e pertanto non possono essere incluse nel calcolo per il riparto della prestazione di uscita della previdenza professionale; trattasi infatti di fondi liberi dell’istituto previdenziale. Un suo eventuale riparto si pone solo nel caso della liquidazione dell’istituto previdenziale.

Dal punto di vista del regime matrimoniale l’art. 197 cpv. 1 CC prevede che il guadagno del lavoro di un coniuge fa parte dei suoi beni acquisti (ovviamente in caso di regime matrimoniale ordinario);  l’art. 208 CC contempla una tutela supplementare laddove prevede che debbano essere reintegrate negli acquisti le liberalità effettuate da un coniuge negli ultimi cinque anni prima dello scioglimento del regime dei beni senza il consenso dell’altro, eccettuati i regali d’uso, nonché le alienazioni fatte da un coniuge durante il regime dei beni con l’intenzione di sminuire la partecipazione dell’altro. 

Ora, nel caso concreto le riserve dei contributi previdenziali sono state versate dal datore di lavoro del marito, la “C” SA, e non dal medesimo: spettava pertanto alla moglie comprovare l’eventuale mancanza di indipendenza tra la società ed il marito, ciò che non ha fatto e pertanto non si può considerare che tali riserve fossero state decise per compromettere i suoi diritti nell’ambito della liquidazione del regime matrimoniale. Il solo fatto che il marito, quale membro del consiglio di amministrazione della società, abbia potuto influire sulla decisione di creare le riserve dei contributi previdenziali non è sufficiente per l’applicazione dell’art. 208 CC. L’applicazione di tale norma rimane fattibile nel caso in cui possa essere dimostrato che il coniuge abusi dell’indipendenza giuridica della società ed effettui dei versamenti anticipati allo scopo di pregiudicare i diritti dell’altro coniuge nell’ambito della liquidazione del regime matrimoniale.

La sentenza conclude poi con il ritenere non arbitrario il metodo di calcolo del valore delle azioni fondato sul valore fiscale: il solo fatto che i giudici cantonali abbiano rifiutato una perizia, avendo fatto una valutazione anticipata delle prove, non è stato giudicato arbitrario e d’altra parte l’arbitrio non è stato neppure sostenuto dalla ricorrente.


Data modifica: 28/07/2020

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