Caso 504 del 16/10/2021
Un certificato medico ha un sufficiente valore probatorio per dimostrare un’incapacità lavorativa?
In una sentenza dell’8 giugno 2021 il Tribunale federale di Losanna ha stabilito quanto segue:
Se l’incapacità al lavoro è attestata da certificati medici, può, secondo le circostanze, essere sufficientemente provata per ammettere che l’interessato non può trovare un’attività lavorativa, anche se l’Ufficio dell’Assicurazione Invalidità ha computato un reddito ipotetico per giustificare il rifiuto alla rendita. Tuttavia, la presentazione di un qualsiasi certificato medico non è sufficiente a rendere plausibile la presunta inabilità al lavoro.
Nota a cura dell'avv. Alberto F. Forni
Sull’argomento cfr. anche caso 47.
I coniugi si sono sposati nel 2013. Sono i genitori di un figlio nato nel medesimo anno.
Dopo una pregressa regolamentazione giudiziaria della separazione, avvenuta nel 2015, il marito il 14 settembre 2018 ha inoltrato un’azione unilaterale di divorzio; la procedura si è conclusa con la sentenza del 25 novembre 2019. In particolare, il Tribunale di prima istanza ha disposto l'autorità parentale congiunta sul bambino e ha affidato la custodia alla madre; il primo Giudice ha constatato che il padre non era in grado finanziariamente di contribuire al mantenimento del bambino. Con sentenza del 6 novembre 2020, il Tribunale d’appello, così adito dalla madre, ha riformato la sentenza in questione nel senso che ha previsto un determinato contributo alimentare del padre a favore del figlio e ciò siccome la sua inabilità totale al lavoro durava da più di due anni e mezzo e non aveva presentato alcuna domanda d'invalidità. La Corte d'appello ha ritenuto corretto imputargli un reddito ipotetico. Data la sua formazione, esperienza ed età, avrebbe potuto trovare lavoro nel campo della vendita o anche in un lavoro che non richieda alcuna formazione specifica. L’11 dicembre 2020 il marito ha ricorso al Tribunale federale.
Innanzi tutto, il Tribunale federale ha ricordato che nell'esaminare l'imputazione di un reddito ipotetico, l’impossibilità di esercitare un'attività lavorativa per motivi di salute non è subordinata all’esistenza delle condizioni per ottenere una rendita d'invalidità (sentenza TF 5A_726/2011 dell'11 gennaio 2017 consid. 4.1; sentenza TF 5A_360/2016 del 27 ottobre 2016 consid. 3.1 in fine). Inoltre, non ogni inabilità lavorativa, anche se certificata dal punto di vista medico, dà diritto ad una rendita d'invalidità (sentenza TF 5A_455/2019 del 23 giugno 2020, consid. 5.4.1).
Se l’incapacità al lavoro è attestata da certificati medici, può, secondo le circostanze, essere sufficientemente provata per ammettere che l'interessato non può trovare un’attività lavorativa, anche se l'Ufficio dell’Assicurazione Invalidità ha computato un reddito ipotetico per giustificare il rifiuto alla rendita. Occorre infatti tener conto anche dell'età del richiedente e della sua eventuale durata dall’assenza dal mercato del lavoro (sentenza TF 5A_836/2015 dell'8 aprile 2016, consid. 5.2). Tuttavia, la presentazione di un qualsiasi certificato medico non è sufficiente a rendere plausibile la presunta inabilità al lavoro. Il fattore decisivo per il valore probatorio di un certificato medico non è la sua origine o denominazione, ma il suo contenuto. In particolare, è importante che la descrizione dei problemi di salute sia chiara e che le conclusioni del medico siano ben motivate (sentenza TF 5A_266/2017 del 29 novembre 2017, consid. 6.3; sentenza TF 5A_239/2017 del 14 settembre 2017, consid. 2.4; sentenza TF 4A_318/2016 del 3 agosto 2016 consid. 6.2; sentenza TF 4A_481/2014 del 20 febbraio 2015 consid. 2.4.1). Un certificato medico che dichiari l'esistenza di un'inabilità lavorativa senza ulteriori spiegazioni ha quindi un valore probatorio esiguo (cfr. sempre sentenza TF 5A_239/2017 sopra citata).
Da un punto di vista procedurale, il certificato medico costituisce un'allegazione di parte, come una perizia privata (sentenza TF 4A_243/2017 del 30 giugno 2017, consid. 3.1.3 e riferimenti). Se viene contestato con motivazione dalla controparte, la sola perizia privata non può avere forza probatoria. Tuttavia, essa può avere valore probatorio nella misura in cui è corroborata da indizi accertati mediante prove (DTF 141 III 433, consid. 2.6; sentenza TF 5A_489/2019 del 24 agosto 2020, consid. 16.1; sentenza TF 4A_299/2017 del 2 ottobre 2017, consid. 4.1).
Nel caso concreto, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, i due certificati da lui prodotti non spiegano specificatamente quali sarebbero le ragioni mediche che non gli permetterebbero di lavorare. Il certificato rilasciato dalla psicologa, per altro neppure firmato, non presenta una motivazione chiara che possa adempiere le condizioni di alta esigibilità richiesta dalla giurisprudenza citata, in particolare per quanto riguarda la motivazione delle sue conclusioni. La terapeuta si è limitata ad affermare che "il percorso della vita [del ricorrente] e le prove che ha subito dal 2016 hanno portato ad una fragilità psicologica che giustifica questa inabilità [al lavoro]". Il certificato dello psichiatra ha anch’esso le stesse lacune. Il medico non indica su quali esami si basa, né espone con precisione la sua diagnosi e in che modo il ricorrente sarebbe ora impedito nell'esercizio di una professione. L'affermazione categorica che lo "stato mentale" del ricorrente, che "attualmente richiede ancora un monitoraggio multidisciplinare regolare", significa che egli è "totalmente incapace di lavorare nell'economia libera", non appare sufficientemente motivata. In effetti, il certificato non fornisce alcuna spiegazione medica dettagliata, limitandosi a fare riferimento agli "eventi traumatici subiti tra giugno 2016 e luglio 2017". Data la durata dell'inabilità al lavoro, il ricorrente avrebbe potuto svincolare il suo psichiatra dal segreto medico per permettergli di redigere un certificato dettagliato che rispondesse alle esigenze della giurisprudenza. Infine, anche i certificati medici successivamente prodotti non forniscono alcuna informazione sullo stato di salute del ricorrente, poiché, sebbene siano stati redatti dallo psichiatra, si limitano a dichiarare che il ricorrente sarebbe "inabile al 100%" per "malattia" dal 13 febbraio al 30 aprile 2020 e dal 1° maggio al 30 giugno 2020.
Ne consegue che non si può rimproverare al tribunale cantonale di aver negato, in definitiva, qualsiasi valore probatorio ai documenti prodotti dal ricorrente in relazione al suo stato di salute. Poiché la sua inabilità al lavoro non è stata accertata in modo adeguato, il rifiuto dell'argomento del ricorrente basato sull'asserita inidoneità all'esercizio di qualsiasi attività professionale è stato confermato.
Data modifica: 24/10/2021