12c Art. 176 cpv. 1 CC

Pubblicazione: Estratto da Rivista ticinese di diritto I-2015 (III. Diritto di famiglia)


Protezione dell’unione coniugale – organizzazione della vita separata

Criteri che disciplinano l’attribuzione dell’alloggio domestico all’uno o all’altro coniuge (consid. 3b).
Contributi alimentari in favore di un coniuge: distinzione tra metodo di calcolo fondato sul riparto paritario dell’eccedenza e metodo di calcolo fondato sull’ammontare del dispendio effettivo (consid. 5a e 5b); circostanze in cui si applica l’uno o l’altro metodo (consid. 6 e 7).

I CCA 9.9.2014 N. 11.2012.69


3. b) I criteri che disciplinano giusta l’art. 176 cpv. 1 n. 2 CC l’attribuzione di un alloggio coniugale pendente causa ove le parti non trovino un accordo sono già stati riassunti da questa Camera (RtiD I-2009 pag. 623 n. 19c con richiami; identici principi figurano nella sentenza del Tribunale federale 5A_298/2014 del 24 luglio 2014, consid. 3.3.2 con rinvii). La giurisprudenza ha precisato, ancora più recentemente, che a tal fine il giudice pondera i contrapposti interessi delle parti facendo capo al proprio potere d’apprezzamento, in modo da giungere alla soluzione più adeguata tenendo conto delle circostanze del caso specifico. Il ragionamento da seguire, a doppio stadio, è quello in appresso.

In primo luogo il giudice esamina a chi l’abitazione coniugale sia più utile. Ciò implica l’attribuzione dell’alloggio al coniuge che ne trae oggettivamente il maggior beneficio in vista delle proprie esigenze concrete. Sotto questo profilo vanno considerati anche gli interessi di un figlio che, affidato al coniuge istante, deve poter rimanere per quanto possibile nel suo ambiente domestico quale luogo degli affetti, delle propensioni e delle consuetudini di vita. Vanno considerati altresì gli interessi professionali o personali del coniuge medesimo, ove questi eserciti – ad esempio – la propria attività nello stabile, oppure ove l’alloggio sia stato sistemato appositamente – ad esempio – in funzione dello stato di salute di lui.

In secondo luogo, nel caso in cui il criterio di assegnazione appena enunciato non dia risultati chiari, il giudice valuta a quale coniuge possa più ragionevolmente imporsi un trasloco, ponderate tutte le circostanze concrete. In tale ambito entra in considerazione – segnatamente – lo stato di salute o l’età avanzata di uno dei coniugi che, per quanto non viva in un immobile sistemato in funzione delle sue precipue esigenze, sopporterebbe con difficoltà un trasferimento, come pure lo stretto legame – ad esempio di natura affettiva – che un coniuge intrattiene con il luogo di domicilio. Motivi di carattere economico non sono invece determinanti, a meno che le risorse finanziarie non permettano ai coniugi di conservare l’abitazione.

Se nemmeno il secondo criterio dà risultati chiari, il giudice tiene conto dello statuto del fondo e attribuisce l’abitazione al coniuge che ne è proprietario o che beneficia di diritti d’uso sull’alloggio (metodologia esposta nella sentenza del Tribunale federale 5A_416/2012 del 13 settembre 2012, consid. 5.1.2 con numerosi rimandi, pubblicato in: SJ 2013 I 159).

c) Nella fattispecie il Pretore avrebbe dovuto esaminare così – in primo luogo – a chi l’abitazione coniugale fosse più utile, attribuendo l’uso dello stabile alla parte che ne traesse oggettivamente il maggior beneficio in vista delle proprie esigenze concrete. Prioritariamente avrebbe dovuto considerare perciò gli interessi dei figli comuni, che, affidati alla moglie, erano legittimamente interessati a rimanere per quanto possibile nel loro ambiente domestico quale luogo degli affetti, delle propensioni e delle consuetudini di vita. Nell’appello il marito fa valere che l’abitazione coniugale sarebbe più confacente ai propri interessi rispetto all’appartamento da lui preso in locazione poco lontano (di cinque locali e mezzo), ma non spiega perché tale interesse sarebbe preminente rispetto alla posizione dei figli comuni. Della sorte loro in caso di trasloco, per vero, egli non sembra curarsi. Pretende di allontanare questi ultimi dall’abitazione coniugale per insediarvisi insieme con i figli del primo matrimonio, ma agli interessi loro neppure allude, salvo rivendicare «un loro spazio adeguato» per consentire a lui stesso l’esercizio del diritto di visita. Ciò bastava perché il Pretore concludesse il ragionamento al primo stadio, respingendo senz’altro la rivendicazione del convenuto.
[…]

5. […] a) Ove sia giustificata una sospensione della comunione domestica, «ad istanza di uno dei coniugi» il giudice delle misure a protezione dell’unione coniugale «stabilisce i contributi pecuniari dovuti da un coniuge all’altro» (art. 176 cpv. 1 n. 1 CC). L’art. 163 cpv. 1 CC non precisa quale metodo si applichi per la fissazione di tali contributi, limitandosi a disporre che «i coniugi provvedono in comune, ciascuno nella misura delle sue forze, al debito mantenimento della famiglia». Sicuramente conforme al diritto federale è il criterio – abitualmente adottato da questa Camera – che consiste nel dedurre dal reddito complessivo dei coniugi i fabbisogni loro e dei figli, suddividendo l’eccedenza a metà. Il fabbisogno dei genitori corrisponde in tal caso al minimo esistenziale del diritto esecutivo «allargato» (sulla nozione di «fabbisogno minimo»: DTF 114 II 394 consid. 4b; cfr. anche pag. 27 consid. 2a), il fabbisogno dei figli è quello in denaro stimato sulla base delle raccomandazioni pubblicate dall’Uf-ficio della gioventù e dell’orientamento professionale del Canton Zurigo.

b) Il metodo di calcolo appena citato non deve condurre però a una ridistribuzione del patrimonio coniugale (attraverso tesaurizzazioni) o a una liquidazione anticipata del regime dei beni. Il limite superiore del diritto al mantenimento è costituito, per principio, dal tenore di vita che i coniugi sostenevano durante la comunione domestica (RtiD I-2013 pag. 717 consid. 3a con rinvio a RtiD I-2007 pag. 737 consid. 4a e 4b). Se non è possibile garantire a entrambi il livello di vita anteriore alla separazione, ogni coniuge ha diritto a un tenore di vita simile a quello dell’altro (DTF 121 I 100 consid. 3b, 118 II 378 consid. 20b con riferimenti; da ultimo: sentenza del Tribunale federale 5A_15/2014 del 28 luglio 2014, consid. 5.2.1). Il metodo di calcolo in questione non si applica, di conseguenza, quando sia reso verosimile che durante la vita in comune i coniugi non destinassero tutti i loro redditi al mantenimento della famiglia, ma vivessero in modo parsimonioso per destinare una parte di tali redditi ad altri scopi (ad esempio al risparmio, prevedendo l’acquisto di una casa). Per il suo relativo schematismo tale metodo non si applica nemmeno qualora durante la comunione domestica i coniugi vivessero in condizioni particolarmente agiate. Tanto nell’una quanto nell’altra ipotesi il metodo di calcolo ancorato al riparto paritario dell’eccedenza lascia spazio a quello fondato sull’ammontare del dispendio effettivo. Spetta in tali casi al coniuge che postula il contributo di mantenimento rendere verosimili quali siano le spese necessarie per conservare il proprio tenore di vita anteriore alla separazione (RtiD I-2013 pag. 717 consid. 3a con rinvio a RtiD I-2007 pag. 737 consid. 4a e 4b; analogamente: I CCA, sentenza inc. 11.2011.185 del 30 dicembre 2013, consid. 6a; da ultimo: I CCA, sentenza inc. 11.2012.38 del 10 marzo 2014, consid. 4b).

6. La giurisprudenza del Tribunale federale in materia di contributi alimentari per un coniuge nelle procedure a tutela dell’unione coniugale (o nei procedimenti cautelari relativi a cause di divorzio) è stata compendiata anche dalla dottrina nei termini che seguono (Hohl in: Fountoulakis/Pichonnaz/Rumo-Jungo, Droit de la famille et nouvelle procédure, Ginevra/Zurigo/Basilea 2012, pag. 95 seg. con citazioni; v. anche Chaix in: Commentaire romand, Code civil I, Basilea 2010, n. 10 ad art. 176).

a) Coniugi che versano in una situazione finanziaria favorevole o particolarmente favorevole

Si tratta del caso in cui i costi supplementari dovuti a due economie domestiche separate siano coperti. In simili circostanze il coniuge richiedente può pretendere che il contributo di mantenimento gli assicuri lo stesso tenore di vita anteriore alla separazione. Fa stato così il metodo di calcolo fondato sull’ammontare del dispendio effettivo. Incombe al coniuge che postula il contributo di mantenimento rendere verosimili quali siano le spese necessarie per conservare il suo livello di vita anteriore alla separazione (sentenza del TF 5A_778/2013 del 1° aprile 2014, consid. 5.1; sentenza 5A_41/2011 del 10 agosto 2011, consid. 4.1; sentenza 5A_27/2009 del 2 ottobre 2009, consid. 4; sentenza 5A_288/2008 del 27 agosto 2008, consid. 5.4; sentenza 5A_732/2007 del 4 aprile 2008, consid. 2; DTF 115 II 426 consid. 3).

Il metodo di calcolo abituale che consiste nel dedurre dal reddito complessivo dei coniugi i fabbisogni loro e dei figli, suddividendo l’eccedenza a metà, è per principio inapplicabile. Vi si può ricorrere, tutt’al più, ove l’ammontare dell’eccedenza non sia tale da comportare una ridistribuzione del patrimonio coniugale o una liquidazione anticipata del regime dei beni (sopra, consid. 5a). Ad ogni modo tale metodo non entra in linea di conto se durante la vita in comune i coniugi non destinavano tutti i loro redditi al mantenimento della famiglia, ma vivevano in modo parsimonioso per destinare una parte di tali redditi ad altre finalità (sopra, loc. cit.).

b) Coniugi che versano in una situazione finanziaria media o modesta

Si tratta del caso in cui i coniugi non accantonavano risparmi durante la vita in comune o in cui il coniuge richiedente non renda verosimile che durante la vita in comune si accumulavano risparmi o in cui le entrate coniugali siano interamente assorbite dalle due economie domestiche separate (DTF 137 III 106 consid. 4.2.1.1 in fine). I redditi coniugali non eccedono di solito, in circostanze del genere, fr. 8000.– o 9000.– mensili complessivi (sentenza del Tribunale federale 5A_288/2008 del 27 agosto 2008, consid. 5.4, richiamato ancora nella sentenza 5A_778/2013 del 1° aprile 2014, consid. 5.1), anche se non si possono escludere redditi più alti (DTF 137 III 107 consid. 4.2.1.3: entrate coniugali di fr. 23 658.– mensili). Si fa capo in siffatte condizioni al metodo di calcolo abituale che consiste nel dedurre dal reddito complessivo dei coniugi i fabbisogni loro e dei figli, suddividendo l’eccedenza a metà (una diversa chiave di riparto come quella evocata in DTF 126 III 8 non riguarda il Cantone Ticino, dove il fabbisogno del coniuge affidatario non è mai stato calcolato nel modo ivi esposto).

c) Coniugi che versano in una situazione finanziaria deficitaria

Si tratta del caso in cui il bilancio coniugale registri un ammanco. Il coniuge debitore del contributo alimentare ha diritto di conservare l’equivalente del proprio minimo esistenziale calcolato secondo la legge federale sulla esecuzione e sul fallimento (DTF 137 III 62 consid. 4.2.1, 135 III 67 consid. 2, 133 III 59 consid. 2).

7. Nella fattispecie il marito contesta – come detto – il metodo di calcolo abituale ancorato al riparto paritario dell’eccedenza applicato dal Pretore, affermando che nel caso in esame si deve far capo a quello fondato sull’ammontare del dispendio effettivo perché durante la vita in comune i redditi coniugali erano destinati solo in parte alle spese correnti della famiglia, ma anche perché durante la comunione domestica la moglie viveva in modo parsimonioso. La prima giustificazione è verosimile, lo stesso Pretore avendo accertato che già prima della separazione l’appellante destinava parte dei suoi cospicui redditi (accertati tra fr. 26 635.– e fr. 33 250.– mensili) a interventi edili nei propri stabili. Del resto appare poco plausibile che eccedenze nel bilancio familiare calcolate dal Pretore tra fr. 9310.95 e addirittura fr. 15 925.95 mensili fossero destinate interamente all’economia domestica, seppure l’appellante medesimo ridiscuta tali cifre. Anzi, ammontari di tale indole sono suscettivi di comportare una ridistribuzione del patrimonio coniugale. Ne segue che a ragione il marito rimprovera al Pretore di avere adottato un criterio di calcolo inidoneo a definire il contributo di mantenimento per la moglie, che sarebbe dovuto avvenire secondo il metodo del dispendio effettivo, sicché a lei incombeva rendere verosimili quali fossero le spese necessarie per conservare il suo livello di vita anteriore alla separazione.

 

 

CC 1907 RS 210

Codice civile svizzero, del 10 dicembre 1907

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