10c Art. 413 cpv. 1, 392 cifra 2, 400 cpv. 1, 416 cpv. 1 cifra 5 CC; 398 cpv. 3 CO; 402 cpv. 1 CC; 9 cpv. 1 OABCT

Pubblicazione: Estratto da Rivista ticinese di diritto I-2016 (III. Diritto di famiglia)


Curatela di rappresentanza e amministrazione dei beni – mandato di gestione patrimoniale conferito a una fiduciaria – ammissibilità e alternative

Il curatore, tenuto alla medesima diligenza del mandatario, deve adempiere personalmente i compiti affidatigli a meno che le circostanze impongano una sostituzione (art. 413 cpv. 1 CC e 398 cpv. 3 CO). Appartiene dunque al curatore la possibilità di concludere un contratto di gestione patrimoniale, che, ricadendo nel campo di applicazione dell’art. 9 cpv. 1 OABCT e 416 cpv. 1 cifra 5 CC, richiede l’accordo dell’Autorità di protezione. Alternativamente, l’Autorità è competente per nominare un curatore idoneo giusta l’art. 400 cpv. 1 CC.          
Rifusione di ripetibili da parte dell’Autorità di protezione, soccombente e unica antagonista della parte che ha avuto successo.

 

CDP 10.9.2015 N. 9.2015.97


A.  In ragione del delicato stato di salute e dell’incapacità di intendere e di volere di X. (1944), con decisione del 18 settembre 2014 (ris. n. 445/14) l’Autorità regionale di protezione A. (in seguito Autorità di protezione), ha istituito in suo favore una curatela di rappresentanza e di amministrazione dei beni ex art. 394 CC in relazione con l’art. 395 CC.

Quale curatrice è stata nominata l’avv. C., con i compiti di:

rappresentare l’interessata nel quadro dei propri affari amministrativi (in particolare nel rapporto con le autorità, i servizi amministrativi e sociali, gli istituti bancari e di credito, la posta, le assicurazioni private e sociali e, all’occorrenza, ogni altra istituzione di diritto privato o pubblico o persona privata); gestire con la diligenza richiesta il patrimonio e i redditi dell’interessata; vegliare al suo benessere sociale e rappresentare l’interessata in tutti gli atti necessari a tal fine; chiedere per gli atti necessari i consensi previsti dall’art. 416 CC; redigere, in collaborazione con l’Autorità di protezione, l’inventario dei beni da amministrare; presentare annualmente il rapporto morale, i rendiconti finanziari e la nota indennità e spese; chiedere adattamenti alla misura, qualora subentrino dei cambiamenti di circostanze.  

X. è stata privata dell’esercizio dei diritti civili per quanto riguarda l’ammini­strazione e l’uso dei suoi redditi, della sua sostanza mobiliare e immobiliare, delle sue entrate e delle sue uscite; la loro gestione è stata affidata esclusivamente alla curatrice.

B.  Con istanza del 29 gennaio 2015, la curatrice ha segnalato all’Autorità di protezione che durante l’allestimento dell’inventario iniziale della curatela è emersa l’esistenza di alcuni portafogli bancari la cui amministrazione «presuppone approfondite conoscenze di gestione patrimoniale e finanziaria» e necessita un controllo accurato «da uno specialista in materia di prodotti finanziari». La curatrice, ritenendo di non disporre di tali competenze, ha dunque chiesto all’Autorità di protezione di reperire e conferire «a una società fiduciaria finanziaria esterna il mandato di sorveglianza della gestione dei portafogli bancari di cui la mia pupilla risulta proprietaria, rispettivamente avente diritto economico». La curatrice chiede dunque uno «sdoppiamento del mandato», ritenendo di avere invece le necessarie competenze per l’amministrazione corrente dei beni della curatelata e per la sua rappresentanza «in relazione al suo benessere fisico e sociale presso i famigliari, la casa di riposo, i medici, le assicurazioni sociali e ogni altra persona».

L’inventario della curatela, approvato dall’Autorità di protezione il 24 marzo 2015 (ris. n. 163/15), espone una sostanza netta di fr. 19 105 769.82.

C.  Mediante decisione del 19 febbraio 2015 (ris. n. 113/15) l’Autorità di protezione ha considerato la richiesta della curatrice pienamente giustificata, ragion per cui l’ha autorizzata a far capo ad una società indipendente di gestione patrimoniale per quanto attiene alla gestione patrimoniale di sostanza e redditi spettanti alla curatelata, ma anche per le procedure di regolarizzazione fiscale dei capitali emersi in sede di allestimento dell’inventario iniziale della curatela.

D.  Con reclamo 9/10 marzo 2015 (inc. CDP 9.2015.48) la curatrice ha impugnato la suddetta decisione, ritenendo che l’autorizzazione conferitale dall’Au­torità di protezione fosse in realtà un ulteriore incarico per lei, mentre l’ingente patrimonio scoperto «impone che sia proprio un’autorità a assumersi la responsabilità della scelta del mandatario nell’ambito dell’affidamento di un mandato di gestione così fuori dal comune e soprattutto la pattuizione del relativo contratto» (pag. 3). Secondo la curatrice, l’Autorità di protezione ha compreso erroneamente la richiesta, «dandole un’autorizzazione non richiesta e che ella comunque non accetta, ovvero di designare il mandatario del secondo mandato» (pag. 3). Il potere di conferire mandati di curatela e di definire le relative sfere di compiti spetta all’Autorità di protezione e non alla curatrice: postula quindi che sia l’Autorità stessa ad affidare la gestione patrimoniale ad una società indipendente, stipulando direttamente il relativo contratto.

E.  A seguito del reclamo, l’Autorità di protezione ha riconsiderato la sua decisione del 19 febbraio 2015, annullandola e sostituendola con una nuova decisione datata 24 marzo 2015 (ris. n. 165/15). Mediante la medesima, l’Autorità di protezione ha conferito direttamente alla fiduciaria F. (e per essa alla signora S., direttrice) il mandato di gestione del patrimonio della curatelata X., per quanto attiene alla gestione patrimoniale della sostanza e dei redditi che ne derivano ed alle procedure di regolarizzazione fiscale dei capitali emersi in sede di allestimento dell’inventario iniziale; l’Autorità di protezione ha inoltre dichiarato la decisione immediatamente esecutiva e ha tolto l’effetto sospensivo ad un eventuale reclamo contro di essa. Questa Camera ha dunque stralciato dai ruoli il reclamo della curatrice con decisione del 12 aprile 2015.

F.  Anche la decisione riconsiderata da parte dell’Autorità di protezione è stata oggetto di impugnativa. Con reclamo datato 4 maggio 2015 sono insorti il marito della curatelata, Y., la figlia Z. e il curatore di quest’ultima, W., contestando la risoluzione in questione poiché inadeguata e contraria al diritto e postulando la restituzione dell’effetto sospensivo del gravame.

G.  Con scritto del 21 maggio 2015 l’Autorità di protezione si è opposta alla restituzione dell’effetto sospensivo. Con osservazioni del 28 maggio seguente, la medesima ha postulato la reiezione del gravame nel merito, ritenendo infondate le censure degli insorgenti. Le altre parti non hanno presentato osservazioni al gravame.

H.  Con sentenza del 15 giugno 2015 il presidente di questa Camera ha respinto la richiesta degli insorgenti di restituzione dell’effetto sospensivo, non essendone dati i presupposti.

I.  Con lettera del 7 luglio 2015, i reclamanti hanno comunicato di rinunciare alla presentazione di una replica, ponendo così fine allo scambio di memorie scritte.

Considerato in diritto:

1.  Le decisioni delle Autorità regionali di protezione concernenti maggiorenni e minorenni sono impugnabili mediante reclamo alla Camera di protezione del Tribunale di appello, nella composizione di un giudice unico [art. 450 CC in relazione agli art. 314 cpv. 1 e 440 cpv. 3 CC; art. 2 cpv. 2 della Legge sull’or­ganizzazione e la procedura in materia di protezione del minore e dell’adulto (LPMA); art. 48 lett. f n. 7 LOG]. Riguardo alla procedura applicabile, per quanto non già regolato dagli art. 450 segg. CC occorre riferirsi, in via sussidiaria, alla Legge sulla procedura amministrativa, in particolare alle norme concernenti le azioni connesse con il diritto civile di competenza dell’autorità amministrativa (art. 99 LPAmm; cfr. Messaggio del Consiglio di Stato n. 6611 del 7 marzo 2012 concernente la modifica della LTut, pag. 8) e, in via ancora più sussidiaria, alle disposizioni del diritto processuale civile (CPC; v. art. 450f CC).

2.  In primo luogo gli insorgenti censurano la decisione impugnata per un’ap­plicazione errata del diritto, in particolare dell’art. 392 cifra 2 CC.

2.1.  La disposizione di legge in questione è menzionata già nel titolo della risoluzione impugnata e viene ripresa nei considerandi della medesima, laddove l’Autorità di protezione afferma che tale disposto legale le permette di «conferire ad un terzo l’incarico di provvedere a singoli compiti», «qualora l’istituzione di una curatela appare manifestamente sproporzionata rispetto all’estensione dei compiti» (pag. 2). La medesima Autorità sottolinea come «la gestione di un patrimonio diversificato, come nel presente caso, giustifichi pienamente tale conferimento di mandato, in quanto s’impongono competenze e contatti specifici nel settore finanziario che non possono essere richiesti ad un curatore» (pag. 3).

2.2.  Secondo gli insorgenti, l’applicazione della norma in questione deve essere riservata a casi eccezionali, nelle quali la trattazione di uno o più affari puntuali necessitano di competenze professionali/tecniche specifiche (reclamo, pag. 5). Attraverso questa base legale non è invece possibile confidare tutta la gestione dei beni ad un terzo, come invece fatto dall’Autorità di protezione in concreto. Inoltre, la disposizione è applicabile solo allorquando non sia necessario istituire una curatela, che invece nel caso di specie è già in essere (reclamo, pag. 5). Inoltre, la misura appare troppo generica e non permette di comprendere quali siano i compiti restanti alla curatrice (reclamo, pag. 5).

2.3.  Ai sensi dell’art. 392 CC l’autorità di protezione può, laddove l’istituzione di una curatela appare manifestamente sproporzionata rispetto all’estensione dei compiti: provvedere di moto proprio a quanto necessario, segnatamente dando il consenso a un negozio giuridico (cifra 1); conferire a un terzo l’incarico di provvedere a singoli compiti (cifra 2); oppure designare una persona o un servizio idonei con diritto di controllo e informazione in determinati ambiti (cifra 3).

Il conferimento ad un terzo dell’incarico di provvedere a singoli compiti (cifra 2) deve essere inteso come l’assegnazione di un mandato secondo il Codice delle obbligazioni per un compito determinato e precisamente definito; l’autorità di protezione può ricorrere a tale disposto allorquando, pur essendo date le condizioni per l’istituzione di una curatela, la medesima appare manifestamente sproporzionata (Henkel, BSK Erwachsenenschutz, Basilea 2012, ad art. 392 n. 5; Meier/Lukic, Introduction au nouveau droit de la protection de l’adulte, Ginevra Zurigo Basilea 2011, n. 430). Si tratta dunque di una norma da interpretare restrittivamente, nella misura in cui l’autorità di protezione non deve sostituire i curatori con dei mandatari privati [STF del 26 giugno 2015, inc. 5A_356/2015, consid. 3.1; Meier/Lukic, Introduction au nouveau droit de la protection de l’adulte, n. 430; Messaggio concernente la modifica del Codice civile svizzero (Protezione degli adulti, diritto delle persone e diritto della filiazione) del 28 giugno 2006, FF 2006 6391, pag. 6433-6434].

Come recita il titolo marginale medesimo, la norma è applicabile quando l’au­torità di protezione rinuncia all’istituzione di una curatela. L’autorità di protezione può però conferire mandato ad un terzo giusta l’art. 392 cifra 2 CC anche nel caso in cui una curatela sia già stata istituita, ma solo se tali compiti non rientrano nelle sfere dei compiti già affidati al curatore: anche in questo caso infatti, il conferimento al curatore di sfere di compiti aggiuntive, o l’istituzione di una curatela supplementare devono apparire manifestamente sproporzionate per rapporto al compito demandato al terzo (Henkel, BSK Erwachsenenschutz, ad art. 392 n. 24).

2.4.  Nella fattispecie, è la stessa Autorità di protezione ad affermare, nelle proprie osservazioni al reclamo, che il provvedimento adottato non può fondarsi sull’art. 392 cifra 2 CC, sostenendo di aver citato la norma per una svista e riconoscendo la sua applicabilità solo nei casi in cui si rinuncia ad istituire una curatela, ciò che in concreto è già avvenuto.

Neppure si può sostenere, viste le circostanze, che il mandato conferito alla fiduciaria F. sia un incarico puntuale: esso è, al contrario, vasto e diversificato, comprendendo anche problematiche di natura fiscale. Non si può nemmeno sostenere che esso esuli dalle sfere di compiti della curatela, poiché, al contrario, fra le mansioni attribuite alla curatrice vi è proprio la gestione del patrimonio e dei redditi dell’interessata. È dunque corretta la censura secondo cui l’art. 392 cifra 2 CC non può fondare l’adozione di un simile provvedimento.

3.  Occorre dunque verificare se, nella fattispecie, il provvedimento adottato possa trovare fondamento in altri principi del diritto di protezione.

3.1.  Quanto evocato sopra non conduce in effetti ad escludere, vigente una curatela, la possibilità di conferire a dei terzi dei mandati specifici di gestione patrimoniale.

Ai sensi dell’art. 413 cpv. 1 CC, il curatore adempie i suoi compiti con la stessa diligenza cui è tenuto il mandatario secondo le disposizioni del Codice delle obbligazioni. Come il mandatario, il curatore è tenuto ad eseguire personalmente il mandato – a meno che le circostanze non impongano la sua sostituzione da parte di un terzo (cfr. art. 398 cpv. 3 CO).

La diligenza richiesta al curatore per l’espletamento del mandato implica dunque che questi, se non dispone delle competenze necessarie per una adeguata gestione patrimoniale, faccia ricorso a dei terzi quali banche, gestori di patrimoni o compagnie di assicurazione (Meier, La gestion du patrimoine des personnes sous curatelle, in: RMA 2014, pag. 431, n. 64).

Il principio della delega soggiace a diversi fattori, non precisati dalla legge: la complessità del compito, l’investimento in tempo e sforzo che richiede, le competenze del curatore e la sua disponibilità, l’efficacia della gestione del mandato nonché le possibilità finanziarie della persona in questione (Meier, op. cit., pag. 432, n. 68; Affolter, BSK Erwachsenenschutz, ad art. 408 n. 14).             
La dottrina ammette la possibilità di concludere il contratto di gestione di patrimonio con un gerente interno alla banca di deposito degli averi. Si tratterà generalmente di patrimoni importanti, ma non considerevoli; in tal caso il contratto ricade nel campo di applicazione dell’art. 9 cpv. 1 dell’Ordinanza sull’ammini­strazione di beni nell’ambito di una curatela o di una tutela (OABCT) e dell’art. 416 cpv. 1 cifra 5 CC, e necessita dell’accordo dell’autorità di protezione. In casi più particolari è ammesso far capo ad un gerente esterno alla banca di deposito degli averi [v. ad esempio la Direttiva del 5 marzo 2014 del Tribunal de protection de l’adulte et de l’enfant relativa all’Ordinanza sull’amministrazione di beni nell’ambito di una curatela o di una tutela (OABCT), che permette la conclusione di mandati di gestione da parte del curatore solo per portafogli di valore superiore a fr. 1 500 000.–]. Anche tale scelta, che permette di limitare il rischio di conflitti di interesse, richiede l’avallo dell’Autorità di protezione, che deve in particolare pronunciarsi sul principio di una tale gestione per rapporto alla situazione concreta dell’interessato, sulle condizioni finanziarie (costi di gestione) e ovviamente sul profilo di gestione (Meier, op. cit., pag. 432, n. 65).

In merito alla responsabilità del curatore, occorre distinguere due casi. Se egli fa ricorso ad un ausiliario per effettuare dei compiti che potrebbe svolgere autonomamente, egli risponde degli atti di quest’ultimo come se fossero suoi (art. 101 CO; v. Meier, op. cit., in: RMA 2014, pag. 433 n. 69). Per contro, se questi fa capo ad un terzo per effettuare delle mansioni per le quali occorrono competenze specifiche di cui non dispone, la sua responsabilità si limita alla diligenza nella scelta del mandatario e nelle istruzioni dategli (cura in eligendo e in instruendo ma non in custodiendo, analogamente all’art. 399 cpv. 2 CO; v. Meier, op. cit., in: RMA 2014, pag. 433 n. 69). Per tacere del fatto che, in ultima analisi, la responsabilità per gli atti del curatore ricade sul Cantone, il curatore rispondendo solo di un eventuale regresso in base alle norme cantonali (art. 454 cpv. 4 CC; per il Ticino, v. Legge sulla responsabilità civile degli enti pubblici e degli agenti pubblici).

3.2.  Giusta l’art. 400 cpv. 1 CC, l’autorità di protezione degli adulti nomina quale curatore una persona fisica che sia idonea, dal profilo personale e delle competenze, ad adempiere i compiti previsti, disponga del tempo necessario e svolga personalmente i suoi compiti; in circostanze particolari possono essere nominati più curatori. Ai sensi dell’art. 402 cpv. 1 CC, l’autorità di protezione può conferire la curatela a più persone: in tal caso essa stabilisce se l’ufficio va esercitato congiuntamente o ne ripartisce i compiti fra i singoli curatori.

3.3.  Nel caso concreto, la curatrice stessa – di professione avvocato – ha dichiarato di non essere in grado di occuparsi della gestione degli ingenti beni della curatelata. Vista l’ampiezza del portafoglio e la composizione del medesimo, non vi è dubbio che nel caso concreto la decisione di affidarne la gestione ad un terzo resista alle critiche e vada considerata legittima, financo doverosa. Tuttavia, il regime messo in atto nella decisione impugnata non è esente da critiche.

Dalla risoluzione adottata in precedenza (ris. n. 113/15 del 19.2.2015) – poi annullata poiché riconsiderata ex art. 450d cpv. 2 CC sulla scorta del reclamo della curatrice – si evinceva l’intenzione dell’Autorità di protezione di autorizzare la curatrice a delegare la gestione patrimoniale dei beni di X. ad un terzo con conoscenze professionali specifiche, previa sottoscrizione di un mandato di gestione patrimoniale. Tale impostazione, in sé conforme ai principi evocati al consid. 3.1, è tuttavia stata scartata dall’Autorità di protezione, che ha annullato tale risoluzione in considerazione del disaccordo della curatrice stessa.

Esclusa dunque tale impostazione, e assodata – come già visto ai consid. 2.3/2.4 supra – l’impossibilità per l’Autorità di protezione di conferire direttamente un mandato di diritto privato ex art. 392 cifra 2 CC alla fiduciaria, l’unica opzione restante si configura nella suddivisione formale della curatela e la nomina di un altro curatore cui affidare la gestione patrimoniale degli averi dell’interessata. Sebbene l’Autorità di protezione abbia effettivamente affermato di voler «scorporare la gestione dalla curatela vera e propria» e di esautorare la curatrice, oltre che dalla gestione patrimoniale stessa, anche da «controllo, verifica e monitoraggio» dell’attività della fiduciaria (osservazioni 28 maggio 2015, pag. 6), tale impostazione non risulta essere stata concretizzata nel dispositivo dalla risoluzione impugnata. Da esso non si può infatti desumere che la direttrice della F., sia stata nominata curatrice, né che le siano state affidate delle precise sfere di competenza, rispettivamente che le sfere di competenza attribuite all’avv. C. siano state corrispondentemente limitate. Tale modo di procedere crea fra i vari attori coinvolti una situazione confusa in merito a ruoli, mansioni e responsabilità. In accoglimento del reclamo, la decisione impugnata deve dunque essere annullata.

L’Autorità di protezione dovrà dunque statuire nuovamente, cercando un nuovo curatore che:

–   accanto all’avv. C. per la parte personale, sia disposto ad occuparsi degli aspetti patrimoniali della curatela con necessaria cognizione di causa; oppure che

–   al posto dell’avv. C., sia disposto ad occuparsi dell’insieme delle sfere di competenza della curatela (dunque anche degli aspetti patrimoniali) con necessaria cognizione di causa; oppure che

–   al posto dell’avv. C. – sempre che quest’ultima non riveda la sua posizione contraria– sia disposto ad occuparsi dell’insieme della curatela e che, pur non avendo competenze specifiche in materia di gestione patrimoniale, sia disposto a concludere con l’avallo dell’Autorità di protezione un accordo in tale ambito con un terzo gerente (peraltro già individuato dall’Autorità di protezione) e a fornirgli istruzioni in merito alla tipologia di gestione da effettuare in conformità con l’OABCT (con i necessari nullaosta dell’Autorità) (cura in eligendo e in instruendo, cfr. consid. 3.1).

La decisione impugnata non può dunque essere riformata in questa sede, nella misura in cui gli scenari aperti implicano una nuova valutazione da parte dell’Autorità di prime cure, cui l’incarto va retrocesso affinché concretizzi la soluzione che più si attaglia alle circostanze della fattispecie.

 

4.  Gli oneri processuali seguono il principio della soccombenza ma, in considerazione delle circostanze del caso concreto, si prescinde eccezionalmente dal loro prelievo. Quanto alle ripetibili, già in passato la giurisprudenza aveva sancito che le Commissioni tutorie regionali risultate soccombenti possono essere tenute alla rifusione di ripetibili a ricorrenti vittoriosi ove abbiano partecipato alla lite quali uniche antagoniste della parte che ha avuto successo, mentre ove esse abbiano partecipato alla lite unitamente a privati cittadini, risultando sconfitte insieme con questi ultimi, le ripetibili vanno addebitate di regola ai privati che si sono battuti senza successo al loro fianco (sentenza I CCA del 24 agosto 2011, inc. 11.2011.60, consid. 4; sentenza I CCA del 19 aprile 2011, inc. 11.2009.188, consid. 3, pubblicata in: RtiD II-2011 n. 14c pag. 692). Non vi sono motivi per scostarsi, oggi, da tali principi consolidati. Considerato quindi che nella fattispecie non vi sono privati che abbiano fiancheggiato l’Autorità di protezione nella proposta di respingere il ricorso, la medesima deve essere condannata a rifondere ai ricorrenti un’equa indennità per ripetibili.

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