37 Art. 319 cpv. 1, 324 CPP

Pubblicazione: Estratto della Rivista ticinese di Diritto I-2022 (III. Diritto di famiglia)


Principio «in dubio pro duriore» – querela per reati contro l’onore in relazione alle dichiarazioni rilasciate al perito incaricato dal Pretore di allestire una perizia genitoriale

Comunicare al perito che la madre si prostituisce, è lesivo del suo onore. Considerato che la situazione probatoria e/o giuridica era perlomeno dubbia, il Procuratore pubblico non poteva pronunciare un non luogo a procedere senza incorrere, a questo stadio e da quanto in atti, nella violazione del principio summenzionato.

CRP 10.8.2021 N. 60.2021.51


3.  3.1.  B. ipotizza a carico di A. il reato di diffamazione giusta l’art. 173 cifra 1 CP [secondo cui è punito chiunque, comunicando con un terzo, incolpa o rende sospetta una persona di condotta disonorevole o di altri fatti che possano nuocere alla reputazione di lei o divulga una tale incolpazione o un tale sospetto (BSK Strafrecht II – F. Riklin, 4a ed., art. 173 CP n. 2 segg.)], oltre che di calunnia giusta l’art. 174 cifra 1 CP [secondo cui è punito chiunque, comunicando con un terzo e sapendo di dire cosa non vera, incolpa o rende sospetta una persona di condotta disonorevole o di altri fatti che possano nuocere alla reputazione di lei o, sapendo di dire cosa non vera, divulga una tale incolpazione o un tale sospetto (BSK Strafrecht II – F. Riklin, op. cit., art. 174 CP n. 1 segg.)] e di ingiuria ex art. 177 cifra 1 CP [secondo cui è punito chiunque offende in altro modo con parole, scritti, immagini, gesti o vie di fatto l’onore di una persona] in relazione alle esternazioni fatte da A. al dr. D. e riportate nel referto peritale 27.10.2020 di quest’ultimo nell’ambito della procedura civile pendente tra i due ex compagni.

3.2.  3.2.1.  L’onore protetto ai sensi degli art. 173 segg. CP è il diritto di ognuno di non essere considerato una persona da disprezzare.

Queste disposizioni proteggono l’onore personale, la reputazione ed il sentimento di essere uomo d’onore, di comportarsi secondo le regole e gli usi riconosciuti (decisioni TF 6B_1452/2020 del 18.03.2021 consid. 3.1.; 6B_1020/2018 dell’1.07.2019 consid. 5.1.1.; 6B_226/2019 del 29.03.2019 consid. 3.3.); sfuggono invece alla protezione penale quelle espressioni che – senza far apparire spregevole la persona attaccata – offuscano la reputazione di cui quest’ultima gode in ambito politico o professionale (decisioni TF 6B_1020/2018 del­l’1.07.2019 consid. 5.1.1.; 6B_226/2019 del 29.03.2019 consid. 3.3.; 6B_976/2017 del 14.11.2018 consid. 3.3.; 6B_531/2018 del 2.11.2018 consid. 3.1.) oppure ancora l’opinione che ha di sé medesima (BSK Strafrecht II – F. Riklin, op. cit., vor art. 173 CP n. 5 segg.; StGB Praxiskommentar – S. Trechsel/M. Pieth/V. Lieber, 3a ed., vor art. 173 CP n. 1 segg.). Nell’ambito delle attività socio-professionali non è sufficiente negare a una persona determinate qualità, imputarle delle manchevolezze o sminuirla rispetto ai suoi concorrenti. È per contro ravvisabile una lesione dell’onore anche in questi campi quando viene evocato un reato penale o un comportamento chiaramente riprovevole secondo le concezioni morali generalmente riconosciute (decisioni TF 6B_673/2020 del 16.03.2021 consid. 4.2.; 6B_1452/2020 del 18.03.2021 consid. 3.1.; 6B_1254/2019 del 16.03.2020 consid. 6.1.; DTF 145 IV 462 consid. 4.2.2.; B. Corboz, Les infractions en droit suisse, vol. I, 3a ed., art. 173 CP pag. 583 n. 11).

3.2.2.  La questione a sapere se un’affermazione sia tale da nuocere alla reputazione di una persona deve essere decisa non secondo il senso che possono averle dato quelli che l’hanno sentita, ma secondo il senso che essa ha in base ad un’interpretazione oggettiva, ovvero secondo il senso che in concreto le attribuisce l’uditore oppure il lettore non prevenuto nelle circostanze concrete (decisioni TF 6B_1452/2020 del 18.03.2021 consid. 3.1.; 6B_673/2020 del 16.03.2021 consid. 4.2.; 6B_1020/2018 dell’1.07.2019 consid. 5.1.2.; 6B_1202/2018 dell’11.01.2019 consid. 2.2.; DTF 145 IV 462 consid. 4.2.3.; BSK Strafrecht II – F. Riklin, op. cit., vor art. 173 CP n. 28 segg.; StGB Praxis­kommentar – S. Trechsel/M. Pieth/V. Lieber, op. cit., vor art. 173 CP n. 11).

3.2.3.  La calunnia (art. 174 CP) è una forma qualificata di diffamazione (art. 173 CP) dalla quale si distingue per il fatto che le affermazioni lesive dell’onore sono false e l’autore aveva conoscenza della falsità delle stesse. Per la calunnia non vi è quindi spazio per le prove liberatorie previste in caso di diffamazione ex art. 173 cifra 2 CP.

Per rapporto a questi due reati l’ingiuria (art. 177 CP) ha carattere sussidiario (B. Corboz, Les infractions en droit suisse, op. cit., art. 177 CP, pag. 621 n. 1 e pag. 623 n. 9; A. Donatsch, Strafrecht III, 11a ed., pag. 621 n. 1).

3.2.4.  In applicazione dell’art. 176 CP alla diffamazione e alla calunnia verbali sono parificate la diffamazione e la calunnia commesse mediante scritti, immagini, gesti oppure qualunque altro mezzo (A. Donatsch, Strafrecht III, op. cit., pag. 398; B. Corboz, Les infractions en droit suisse, op. cit., art. 173 CP pag. 588 n. 34).

3.2.5.  I reati contro l’onore presuppongono intenzionalità, che deve riferirsi all’affermazione lesiva dell’onore e – nel caso degli art. 173 segg. CP – alla presa di conoscenza da parte del terzo (decisione TF 6B_584/2016 del 6.02.2017 consid. 3.1.1.). Il dolo eventuale è sufficiente per il reato di diffamazione. Non è invece necessario un particolare «animus iniuriandi», bastando che l’autore sia consapevole del fatto che le sue affermazioni possano nuocere alla reputazione della persona interessata e che ciò nonostante le proferisca (decisione TF 6B_226/2019 del 29.03.2019 consid. 3.3.; BSK Strafrecht II – F. Riklin, op. cit., art. 173 CP n. 9 segg./art. 174 CP n. 6 segg.; StGB Praxiskommentar – S. Trechsel/M. Pieth/V. Lieber, op. cit., art. 173 CP n. 11/art. 174 CP n. 3).

3.2.6.  Ai sensi dell’art. 14 CP chiunque agisce come lo impone oppure lo consente la legge si comporta lecitamente anche se l’atto in sé sarebbe punibile giusta il Codice penale oppure un’altra legge.

In quanto motivo giustificativo della parte generale del CP, lo stesso ha da essere esaminato prima dell’art. 173 cifra 2 CP (decisione TF 6B_541/2019 del 15.07.2019 consid. 2.2.; DTF 131 IV 154 consid. 1.3.1.; A. Donatsch, Strafrecht III, op. cit., pag. 410; BSK Strafrecht II – F. Riklin, op. cit., art. 173 CP n. 12).

Il Tribunale federale, nella giurisprudenza sviluppata in relazione all’art. 14 CP, reputa che nell’ambito di una procedura giudiziaria le dichiarazioni lesive del­l’onore espresse da una parte oppure dal suo patrocinatore sono giustificate dal diritto di perorare la propria causa e dai doveri a questo relativi, risultanti dalla Costituzione e dalla legge, purché siano pertinenti, non esorbitino da quanto necessario, non siano inutilmente offensive e non vengano diffuse in mala fede e purché semplici ipotesi siano designate come tali (decisioni TF 6B_541/2019 del 15.07.2019 consid. 2.2.; 6B_877/2018 del 16.01.2019 consid. 1.2.; 6B_334/2018 del 28.06.2018 consid. 2.1.3.; DTF 135 IV 177 consid. 4.; 131 IV 154 consid. 1.3.1.; BSK Strafrecht I – M.A. Niggli/C. Göhlich, 4a ed, art. 14 CP n. 18 segg.; BSK Strafrecht II – F. Riklin, op. cit., vor art. 173 CP n. 61; StGB Praxiskommentar – S. Trechsel/M. Pieth/C. Geth, art. 14 CP n. 5; B. Corboz, Les infractions en droit suisse, vol. I, op. cit., art. 173 CP pag. 605 n. 113).

Secondo il Tribunale federale alle parti va in sostanza riconosciuta una certa libertà di retorica che permette loro pure l’esternazione di valutazioni un po’ esagerate o addirittura di provocazioni, nella misura in cui le loro dichiarazioni non appaiano completamente prive di pertinenza o inutilmente offensive (decisioni TF 2C_103/2016 del 30.08.2016 consid. 3.2.1.; 6B_118/2015 del 16.07.2015 consid. 3.4.2.; 6B_666/2011 del 12.03.2012 consid. 1.2.).

4.  4.1.  Nel caso in disamina B. ha querelato l’ex convivente per le dichiarazioni da questi rilasciate al dr. D., e da questi riportate nel proprio referto peritale 27.10.2020 – secondo cui essa si sarebbe prostituita con altri uomini – che a suo avviso l’avrebbero pesantemente offesa nel suo onore oltre a non essere in alcun modo veritiere.

4.2.  Dalle tavole processuali risulta che il pretore, nell’ambito di una procedura civile pendente fra A. e B. tendente all’affidamento del loro figlio comune, ha conferito al dr. D. – psicologo analista didatta, specializzato in psicoterapia bambini, adolescenti e adulti – il mandato di

«svolgere una valutazione specialistica (perizia):

a) sulle capacità genitoriali del sig. A. (padre del minore) e della sig.ra B. (madre del minore);

b) delle loro dinamiche genitoriali (dinamiche di coppia);

c) di esprimersi sulla determinazione del miglior assetto di custodia/relazioni personali fra gli attori e ciò nell’interesse esclusivo del minore stesso»                                                                                                       
(sub AI 1, inc. MP …).

In tale contesto il dr. D., ha sentito A., in merito alla situazione familiare ai tempi della convivenza con B., riportando poi le di lui dichiarazioni nella sua valutazione peritale del 27.10.2020. Dal breve estratto della stessa, prodotta con la querela sporta da B., emerge un passaggio in cui A. ha raccontato come in esito a una precedente procedura inclusiva di due perizie psicologiche – secondo le quali la donna sarebbe risultata inidonea come madre – i figli le sarebbero poi stati affidati in custodia solo grazie alla sua presenza come garante e sostituto paterno. Egli infatti, a suo dire, avrebbe mediato al meglio le situazioni problematiche, litigiose, cercando di aggiustare le cose. L’uomo è quindi passato a descrivere l’ex compagna dipingendola come aggressiva, distruttiva, smaniosa di potere, dotata di una personalità forte e manipolatoria, mentre di sé egli ha asserito di non aver fatto nulla per nuocerle, bensì di averla sostenuta e aiutata nonostante tutto.

Dopodiché il perito, nel proprio referto, ha riportato il seguente passaggio:

«E per spiegare anche ciò che ha dovuto subire, il sig. A. precisa che ella intratteneva rapporti sessuali con più uomini contemporaneamente facendosi pagare da loro, dunque prostituendosi. Le prove starebbero in fotografie di sesso esplicito a tre che avrebbe trovato sul di lei telefono. Questo spiegherebbe anche il tenore di vita che conduce da sempre»      
(perizia 27.10.2020, pag. 6).

La perizia è poi proseguita nei seguenti termini:

«ma a parte ciò quello che il sig. A. ammette di non comprendere non è solo l’accanimento verso di lui bensì quello di una madre verso il figlio»                                                                                                              
(perizia 27.10.2020, pag. 6).

L’uomo – sempre secondo quanto riportato dallo specialista – sarebbe quindi passato a rimproverare alla donna di aver preferito affettivamente i suoi due figli di primo letto, disinteressandosi invece del loro figlio comune. Quest’ultimo, al pari del querelato, non avrebbe fatto nulla di male ma nonostante ciò gli verrebbero negati degli oggetti personali. Scopo finale di B., a mente di A., sarebbe quello di farlo (A., ndr) espellere dalla Svizzera, di distruggerlo per una forma di vendetta, di cui non saprebbe darne una spiegazione.

4.3.  Le asserzioni di A. sono dunque state proferite nel contesto del mandato conferito ad uno specialista per una valutazione genitoriale nell’ambito di una procedura davanti alla competente Pretura altamente conflittuale tendente alla delicata questione dell’affidamento – conteso – del figlio comune, laddove i rapporti tra le parti, deterioratisi nel tempo, sono altresì esacerbati da reciproche querele penali, che ancora nel febbraio 2021 non è stato possibile conciliare (cfr. verbale di conciliazione 2.02.2021, AI 2, inc. MP …).

In tali circostanze è possibile riconoscere al querelato l’uso di termini anche forti («aggressiva», «distruttiva», «manipolatoria», …), nell’esporre la propria versione, per dipingere – davanti al perito – sé stesso favorevolmente e porre in una luce negativa la controparte verso cui nutre sentimenti di acredine e/o di risentimento, in quanto ai suoi occhi essa si troverebbe nel torto. Nondimeno, conformemente alla sopraccitata giurisprudenza (cfr. consid. 3.2.6.), egli è tenuto a non travalicare l’oggetto della valutazione specialistica, e a fornire la propria versione, seppur soggettiva, senza far capo a esternazioni inutilmente offensive.

4.4.  Il verbo «prostituire» – dal latino prostituěre, ossia mettere in vendita – significa vendere, offrire, cedere in cambio di denaro o di altri favori ciò che comunemente si ritiene non possa essere oggetto di lucro o di calcolo interessato (cfr. versione elettronica www.treccani.it/vocabolario/prostituire). Pure viene definito come il fare mercato di cose o valori ritenuti connessi alla dignità, alla moralità e alla libertà dell’uomo, e quindi non mercificabili (www.dizionari.re­pub­blica.it/italiano/P/prostituire).

Secondo dottrina e giurisprudenza non solo l’evocazione di un comportamento penalmente rilevante può ledere l’onore di una persona (A. Donatsch, Strafrecht III, op. cit., pag. 398-399; DTF 101 IV 293), bensì anche quando viene rimproverato un comportamento in ambito sessuale disapprovato dalla società (BSK Strafrecht II – F. Riklin, op. cit., vor art. 173 CP n. 21-22), come l’adul­te­rio (DTF 98 IV 86) e l’attività di meretrice (DTF 92 IV 115).

Sostenere (o rendere sospetta) davanti a terzi che una persona intrattiene rapporti sessuali con più uomini in cambio di un compenso in denaro, ovverosia che la stessa si prostituisce, è dunque un’affermazione suscettibile di nuocere alla sua reputazione e di sminuirne la sua considerazione di persona rispettabile.

4.5.  In concreto non sembra che il tema della valutazione genitoriale abbia forzato A. a dover riferire allo specialista di particolari comportamenti attinenti alla sfera sessuale dell’ex convivente (che sia, asseritamente, per un di lei modo di soddisfarsi o di che guadagnarsi da vivere). Dette asserzioni non si sono rese necessarie a quest’ultimo per sostenere un (eventuale) disagio derivatone al figlio comune minorenne. Le stesse sono piuttosto da lui state utilizzate per confortare la sua (asserita) posizione di vittima nei confronti di una donna che ha descritto come autoritaria, manipolatrice e distruttiva («E per spiegare anche ciò che ha dovuto subire, il sig. A. precisa»).

Nemmeno il querelato sembra essersi limitato a formulare delle semplici congetture, dal momento che ha assicurato come il suo dire fosse comprovato dal­l’esi­stenza di alcune fotografie, salvo poi smentire il tutto davanti al segretario giudiziario nell’audizione di conciliazione del 2.02.2021.

In conclusione, nelle suddette circostanze e allo stadio attuale della procedura penale, l’art. 14 CP non appare applicabile.

Le asserzioni censurate dalla reclamante – inutilmente offensive, che esorbitano da quanto necessario all’oggetto della valutazione genitoriale, e nemmeno formulate quali ipotesi – sono suscettibili di offendere l’onore di quest’ultima, facendola apparire come una persona disprezzabile quale essere umano, cosicché non può essere a questo stadio escluso che nella fattispecie non siano realizzati gli elementi costitutivi di un reato contro l’onore previsto dagli art. 173 segg. CP.

Considerato che la situazione probatoria e/o giuridica permane in concreto perlomeno dubbia, il pubblico ministero non può pronunciare un decreto di non luogo a procedere senza incorrere, a questo stadio e da quanto in atti, nella violazione del principio «in dubio pro duriore».

Di conseguenza, in accoglimento del gravame, il decreto di non luogo a procedere 11.02.2021 (NLP …) è annullato. Gli atti dell’inc. MP … sono rinviati al magistrato inquirente affinché rivaluti i fatti oggetto della querela penale 10.12.2020 ai sensi del considerando 4.

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