15t Art. 33 cpv. 1 lett. c), 23 lett. f) LIFD; 22 lett. f), 32 cpv. 1 lett. c) LT; 18 cpv. 1 CO

Pubblicazione: Estratto da Rivista ticinese di diritto II-2016 (III. Diritto di famiglia)


Deduzioni – alimenti – solo versamenti periodici – modifica di convenzione di divorzio – pagamento di una somma fissa in cinque rate annuali – deduzione negata

Sono deducibili dal reddito imponibile quali alimenti solo i versamenti periodici e non anche gli importi versati sotto forma di prestazioni in capitale. I ricorrenti non hanno dimostrato che l’interpretazione soggettiva della convenzione stipulata dagli ex coniugi, su cui si è basata la sentenza cantonale, è arbitraria. Non è pertanto deducibile l’importo «onnicomprensivo» di 270 000 franchi, versato dall’ex marito alla ex moglie, in seguito ad un accordo con cui hanno convenuto di modificare la sentenza di divorzio.

TF 31.5.2016 N. 2C_746/2015 e 2C_748/2015


A.  A.A. e C.A. si sono sposati nel 1973. II loro divorzio è stato pronunciato l’8 giugno 1998. In data 8 giugno 2010 il Pretore ha omologato un accordo sottoscritto dagli ex coniugi il 12 maggio 2010 e volto a modificare la sentenza di divorzio in merito ai contributi alimentari. Detta convenzione indica quanto segue:

1. Il signor A.A. si impegna a versare sul conto clienti dell’avv. D., a tacitazione di ogni pretesa, passata, presente e futura della signora C.A. inerente i rapporti derivanti dal divorzio intervenuto, nulla escluso, la somma onnicomprensiva di fr. 270 000.– (duecentosettantamila), entro e non oltre 10 giorni dalla crescita in giudicato della transazione giudiziale. Entro 5 giorni dalla sottoscrizione del presente accordo vengono versati ancora i contributi alimentari relativi a maggio 2010.

2. L’avv. D., quale depositaria dell’importo di fr. 270 000.– (duecentosettantamila) si impegna a corrispondere le somme che seguono a titolo di contributo alimentare, alla sua cliente signora A., nel seguente modo:

– fr. 70 000.– nell’anno 2010;

– fr. 50 000.– nell’anno 2011;

– fr. 50 000.– nell’anno 2012;

– fr. 50 000.– nell’anno 2013;

– fr. 50 000.– nell’anno 2014.

4. Le somme di cui al presente accordo, potranno essere liberate facendo capo alla garanzia di liquidità presente sul conto clienti dell’avv. E. La differenza verrà liberata a favore del signor A.A.

5. In caso di decesso della signora C.A. l’importo residuo depositato sul conto clienti dell’avv. D. dovrà essere versato ai figli F. e G. in parti uguali.

6. In caso di cambiamento di stato civile della signora C.A. prima del versamento dell’ultima rata come da punto 2 del presente accordo, gli importi residui che non saranno stati ancora versati dovranno essere restituiti al signor A.A.                                                                
Dopo l’ultimo versamento a valere per l’anno 2014 e cioè dal 01.01.2015 la signora C.A. sarà libera di risposarsi.

Nel verbale di udienza le parti hanno precisato nel contempo che «gli importi di CHF 50 000.– annuali sono da intendersi quali somme di rate mensili di ca. CHF 4165.– versate a titolo di contributi alimentari».

B.  Nelle dichiarazioni fiscali 2010 e 2011 A.A. ha fatto valere deduzioni di fr. 82 825.– (2010), rispettivamente di fr. 50 000.– (2011) a titolo di alimenti versati all’ex-moglie. Con decisione del 19 febbraio 2014 l’Ufficio di tassazione competente ha ammesso in deduzione fr. 12 825.– per la tassazione 2010, mentre ha stralciato del tutto la deduzione di fr. 50 000.– per la tassazione 2011. Al riguardo, il fisco ha rilevato che «il versamento di fr. 270 000.– (a tranches) derivante dall’accordo del 12.5.2010» andava considerato come «una liquidazione patrimoniale del regime matrimoniale» e, di conseguenza, non poteva essere dedotto dal reddito.          
Sostenendo che gli importi pattuiti nell’accordo del 12 maggio 2010, poi omologato dal Pretore del Distretto di Lugano, fossero da intendersi «quali somme di rate mensili versate a titolo di contributi alimentari», A.A. ha allora interposto reclamo e ribadito la richiesta di riconoscimento di deduzioni per fr. 82 825.– (2010), rispettivamente per fr. 50 000.– (2011). Dopo audizione del contribuente, il fisco ha tuttavia respinto il gravame e confermato l’originaria decisione di tassazione. La decisione su reclamo del 10 settembre 2014 è stata a sua volta confermata dalla Camera di diritto tributario del Cantone Ticino, che si è espressa in merito con sentenza dell’8 luglio 2015.

C.  Il 4 settembre 2015, A.A. e B. hanno impugnato il giudizio della Camera di diritto tributario con ricorso in materia di diritto pubblico davanti al Tribunale federale. Come nelle sedi cantonali, domandano infatti di nuovo il riconoscimento – in via principale, direttamente da parte del Tribunale federale; in via subordinata, da parte della Corte cantonale su rinvio – della deduzione di ulteriori fr. 70 000.– per il 2010 e di fr. 50 000.– per il 2011.           
Nel corso della procedura, la Corte cantonale si è riconfermata nelle motivazioni della propria sentenza. La domanda di respingere il ricorso è giunta anche dalla Divisione delle contribuzioni del Cantone Ticino e dall’Amministrazione federale delle contribuzioni. Con osservazioni del 3 dicembre 2015, i ricorrenti hanno ribadito le proprie richieste.

Diritto:

[…] 2.4.  Come indicato anche nel seguito, l’impugnativa adempie solo in parte alle condizioni di motivazione esposte.
Constatato che gli insorgenti non contestano l’accertamento dei fatti alla base della pronuncia cantonale, attraverso una motivazione conforme all’art. 106 cpv. 2 LTF, i fatti che emergono dal giudizio impugnato vincolano inoltre il Tribunale federale anche nel caso concreto (art. 105 cpv. 1 LTF).

3.  La procedura ha per oggetto il diritto a deduzioni per fr. 70 000.– (2010) rispettivamente per fr. 50 000.– (2011), fatto valere dal ricorrente 1 considerando che detti importi erano stati versati alla ex-moglie a titolo di alimenti.

3.1.  Come detto, chiamata ad esprimersi sulla fattispecie, la Camera di diritto tributario ha giudicato anch’essa fondato l’agire delle autorità fiscali, che avevano negato la richiesta. Proceduto alla distinzione tra versamenti periodici, che danno il diritto a deduzione, e versamenti effettuati a titolo di liquidazione, che non danno diritto a deduzione, ha infatti considerato che i versamenti per i quali era stata formulata la domanda di deduzioni rientrassero in questa seconda categoria.

3.2.  I ricorrenti non concordano invece con tale classificazione. Rimproverano infatti alla Corte cantonale di avere omesso di interpretare l’accordo concluso il 12 maggio 2010 «alla luce di tutti gli elementi costitutivi della convenzione medesima, nonché degli altri mezzi di prova che hanno contraddistinto la lunga procedura bonale e contenziosa tendente alla modifica della sentenza di divorzio relativamente all’ammontare del contributo alimentare».

I.  Imposta federale diretta

4.  4.1.  La legge federale sull’imposta federale diretta riconosce che gli alimenti versati al coniuge divorziato o separato legalmente o di fatto sono deducibili dai proventi (art. 33 cpv. 1 lett. c LIFD); sulla base del cosiddetto principio di congruenza rispettivamente di corrispondenza, essi sono imponibili come reddito di chi li riceve (art. 23 lett. f LIFD; sentenza 2C_242/2010 del 30 giugno 2010 consid. 2.1 con rinvii).
Come indicato nel giudizio impugnato e per altro non contestato nemmeno dai ricorrenti, importi versati sotto forma di prestazioni in capitale non rientrano tuttavia nel concetto di alimenti giusta l’art. 33 cpv. 1 lett. c LIFD e non danno quindi diritto a nessuna deduzione (DTF 125 II 183; Amministrazione federale delle contribuzioni, circolare n. 30 del 21 dicembre 2010 relativa all’imposizione dei coniugi e della famiglia secondo la legge federale sull’imposta federale diretta, cifra 14.1.2; Felix Richner/Walter Frei/Stefan Kaufmann/Hans Ulrich Meuter, Handkommentar zum DBG, 2a ed., 2009, n. 65 ad art. 23 e n. 59 ad art. 33 LIFD; Christine Jacques, in Danielle Yersin/Yves Noël, Commentaire LIFD, 2008, n. 49 segg. ad art. 23 e n. 31 segg. ad art. 33 LIFD; Peter Locher, Kommentar zum DBG, I. Teil, 2001, n. 60 ad art. 23 LIFD).

4.2.  Quando una controversia verte sull’interpretazione di clausole contrattuali, come nella fattispecie, occorre in primo luogo ricercare la vera e concorde volontà dei contraenti (art. 18 cpv. 1 CO; interpretazione soggettiva). L’interpretazione soggettiva si riferisce alla volontà dei contraenti al momento della conclusione del contratto. Il loro comportamento successivo può essere preso in considerazione nella misura in cui permette delle deduzioni in tal senso (DTF 132 III 626 consid. 3.1 pag. 632; 129 III 675 consid. 2.3 pag. 680; sentenze 2C_1055/2012 del 22 gennaio 2014 consid. 2.1; 2C_576/2013 del 20 dicembre 2013 consid. 2.3.1).     
Se la reale volontà delle parti non può essere constatata, occorre ricercare il senso che le stesse potevano e dovevano ragionevolmente attribuire alle rispettive dichiarazioni nella situazione concreta in cui si trovavano (interpretazione oggettiva o secondo il principio dell’affidamento; DTF 137 III 145 consid. 3.2.1 pag. 148; 136 III 186 consid. 3.2.1 pag. 188). Anche un’interpretazione oggettiva non si basa unicamente sul testo del contratto, ma può risultare da altri elementi quali gli obiettivi perseguiti, gli interessi delle parti oppure le circostanze; non ci si scosterà tuttavia dal testo chiaro adottato dagli interessati quando non c’è un serio motivo che induca a ritenere ch’esso non corrisponde alla loro volontà (DTF 137 III 444 consid. 4.2.4 pag. 451 seg.; 136 III 186 consid. 3.2.1 pag. 188; 135 III 295 consid. 5.2 pag. 301 seg.; sentenza 2C_1055/2012 del 22 gennaio 2014 consid. 2.2).

4.3.  Ciò che al momento della conclusione del contratto le parti sapevano, volevano o hanno compreso è una questione di fatto (DTF 133 III 675 consid. 3.3 pag. 681; 131 III 606 consid. 4.1 pag. 611); l’accertamento dell’effettiva volontà delle parti (interpretazione soggettiva) si fonda sull’apprezzamento delle prove, il quale può essere rivisto dal Tribunale federale solo nei limiti dell’art. 105 LTF (DTF 133 III 675 consid. 3.3 pag. 681; 132 III 626 consid. 3.1 pag. 632; 126 II 171 consid. 4c/bb pag. 182; sentenze 2C_828/2013 del 24 marzo 2014 consid. 2.3 e 2C_1055/2012 del 22 gennaio 2014 consid. 2.3).   
L’interpretazione di un contratto secondo il principio dell’affidamento è invece una questione di diritto (DTF 136 III 186 consid. 3.2.1 pag. 188; 133 III 675 consid. 3.3 pag. 181; 132 III 626 consid. 3.1 pag. 632; 131 III 606 consid. 4.1 pag. 610). Anche procedendo ad un’interpretazione oggettiva occorre tuttavia fondarsi sulle constatazioni relative alle circostanze esterne così come alle conoscenze e alla volontà delle parti contenute nel giudizio impugnato, le quali costituiscono dei fatti che vincolano il Tribunale federale (DTF 135 III 410 consid. 3.2 pag. 413; 133 III 61 consid. 2.2.1 pag. 67; 132 III 24 consid. 4 pag. 28).

5.  5.1.  Il testo della convenzione, la cui portata è oggetto del litigio, è stato riprodotto nei fatti (precedente consid. A). 
Con la Corte cantonale, i ricorrenti sono concordi nel concludere che detta convenzione non è per nulla finalizzata alla liquidazione del regime matrimoniale, come invece aveva ritenuto il fisco, in quanto essa è già avvenuta in precedenza, durante la procedura di divorzio. Divergenza di vedute non vi è neppure in merito al fatto che il versamento dell’importo di fr. 270 000.– qui in discussione non concerne contributi alimentari arretrati, scaduti e non ancora pagati. Come detto, a differenza della Camera di diritto tributario, che considera di avere a che fare con un importo corrisposto in capitale non deducibile dai redditi, i ricorrenti ritengono tuttavia che l’accordo abbia per oggetto dei contributi alimentari periodici deducibili.

5.2.  Nel suo giudizio, la Corte cantonale è giunta alla conclusione di avere a che fare con una liquidazione in capitale rilevando in sostanza quanto segue:

•   che il testo inequivocabile della convenzione prevede il pagamento di un contributo alimentare capitalizzato di fr. 270 000.–, da saldare in rate annuali sull’arco di cinque anni;

•   che la somma onnicomprensiva pattuita di fr. 270 000.–, a tacitazione di ogni pretesa passata, presente e futura, è stata versata globalmente sul conto clienti dell’avvocato dell’ex moglie;

•   che, come risulta dal verbale del 27 agosto 2009 della Pretura di Mendrisio-Sud, redatto nell’ambito della procedura avviata dal ricorrente 1 per ottenere la cancellazione della restrizione della facoltà di disporre a carico della particella xxx RFD del Comune di X. e la revoca di blocchi degli affitti degli inquilini, il Pretore stesso aveva fissato alle parti un termine di due mesi per raggiungere «un accordo sul versamento in capitale del saldo residuo dei contributi alimentari futuri».

5.3.  Leggendo le motivazioni contenute nel giudizio impugnato, non appare del tutto chiaro se la conclusione cui è giunta la Corte cantonale sia il risultato di un’interpretazione puramente soggettiva dell’accordo in questione oppure vada (almeno in parte) intesa come il risultato di un’interpretazione oggettiva, secondo il principio dell’affidamento.      
Nell’impugnativa, gli insorgenti non si richiamano ad ogni modo a detto principio, lamentandosi solo del fatto che la Camera di diritto tributario «sia incorsa in un errore d’interpretazione degli accordi presi tra i coniugi» rispettivamente del fatto che «senza un’interpretazione di tutti gli elementi costitutivi dell’accordo, non è possibile definire quale sia stata la reale intenzione delle parti in merito alla natura del versamento». Visto che i ricorrenti per primi partono in sostanza dal presupposto che la conclusione della Corte cantonale sia frutto di un’interpretazione soggettiva dell’accordo, e preso d’altra parte atto del fatto che nemmeno il giudizio impugnato contiene appunti espliciti in merito ad una sua possibile interpretazione in base al principio dell’affidamento, anche il Tribunale federale fa pertanto proprio il punto di vista dei ricorrenti (sentenza 2C_1055/2012 del 22 gennaio 2014 consid. 3.4, nella quale questa Corte ha svolto il medesimo ragionamento). Rispetto a quella oggettiva, l’interpretazione soggettiva ha del resto la precedenza (sentenza 2C_941/2013 del 17 ottobre 2013 consid. 3.3).

5.4.  Se però la conclusione della Corte cantonale secondo cui la convenzione in discussione ha per oggetto una liquidazione in capitale dev’essere intesa come il risultato di un’interpretazione soggettiva, ciò ha quale conseguenza che il Tribunale federale vi si può scostare solo se ne sia dimostrata l’arbitrarietà (precedente consid. 4.3; citata sentenza 2C_1055/2012 del 22 gennaio 2014 consid. 3.4).   
Proprio una simile critica non viene tuttavia presentata. Come ben risulta da una lettura del giudizio impugnato, con cui i ricorrenti si lamentano del fatto che i Giudici ticinesi abbiano «omesso di interpretare tale accordo alla luce di tutti gli elementi costitutivi della convenzione medesima, nonché degli altri mezzi di prova che hanno contraddistinto la lunga procedura bonale e contenziosa tendente alla modifica della sentenza di divorzio», una lesione del divieto d’arbitrio in relazione all’apprezzamento delle prove non viene infatti mai sostenuta e, di conseguenza, nemmeno provata nelle dovute forme (precedente consid. 2.3; sentenza 2C_1055/2012 del 22 gennaio 2014 consid. 3.5).

5.5.  Inoltre, e questo sarebbe valso anche nel caso fosse stato possibile eseguire un esame libero della fattispecie a seguito di un’interpretazione oggettiva, occorre considerare che il Tribunale federale è in principio vincolato ai fatti che risultano dal giudizio impugnato (art. 105 cpv. 1 LTF) e che, nella misura in cui miri ad una completazione dell’accertamento dei fatti, chi ricorre deve innanzitutto dimostrare, con riferimenti agli atti di causa, di avere allegato e fatto valere tali fatti e le prove ad essi relative già davanti all’istanza cantonale, in modo proceduralmente conforme (precedente consid. 2.3).  
Anche tale modo di procedere non è stato però qui seguito. Come risulta dall’impugnativa, gli insorgenti si limitano in effetti a far valere ulteriori fatti, non considerati dalla Corte cantonale, come se fossero davanti a un’istanza che li rivede tutti liberamente. Di conseguenza, gli stessi vanno trattati come dei fatti nuovi, che come tali non possono essere presi in considerazione (art. 99 cpv. 1 LTF e contrario; DTF 140 III 86 consid. 2 pag. 90; sentenza 2C_810/2014 del 30 luglio 2015 consid. 2.3).

5.6.  Non essendo stato dimostrato l’arbitrio, la critica secondo cui la Corte cantonale avrebbe «omesso di interpretare tale accordo alla luce di tutti gli elementi costitutivi della convenzione medesima, nonché degli altri mezzi di prova che hanno contraddistinto la lunga procedura bonale e contenziosa tendente alla modifica della sentenza di divorzio» dev’essere pertanto respinta.     
In via abbondanziale può essere ad ogni modo rilevato che, per lo meno in base ai fatti che emergono dal giudizio impugnato, la conclusione tratta dalla Camera di diritto tributario non è per nulla insostenibile. Come risulta dall’accordo stesso, la somma di fr. 270 000.– ha infatti carattere «onnicomprensivo», il suo versamento era dovuto globalmente «entro e non oltre 10 giorni dalla crescita in giudicato della transazione giudiziale», ed era inoltre inteso quale «tacitazione di ogni pretesa, passata, presente e futura». Poiché gli stessi insorgenti lo ricordano, occorre poi osservare che la rendita mensile riconosciuta all’ex-coniuge nella sentenza di divorzio ammontava a fr. 2250.– quindi ad un importo molto più basso di quello di ca. fr. 4165.– che risulta dalla divisione per 12 delle rate annuali di fr. 50 000.– previste dal nuovo accordo. Ora, proprio il riconoscimento di un simile aumento, unito ai limiti temporali che risultano dall’accordo stesso (2010-2014), appare però anch’esso come una chiara indicazione della volontà di giungere ad una liquidazione definitiva dell’ex-moglie.

6.  Alla qualificazione quale liquidazione in capitale della somma di fr. 270 000.– in discussione, nulla mutano d’altra parte i molteplici rinvii a norme del codice civile contenuti nell’impugnativa.
Attraverso questi richiami i ricorrenti, a ragione, non intendono denunciare la contrarietà al diritto civile delle conclusioni tratte dalla Corte cantonale, ma solo contestualizzare dal punto di vista civilistico l’operazione in discussione. Formulati nell’ambito di un commento libero dei fatti – in particolare, per segnalare che il pagamento di una rendita è di per sé possibile pure in rate annuali e può essere limitato nel tempo – anch’essi non suppliscono pertanto alla necessaria dimostrazione dell’arbitrio richiesta in ambito di apprezzamento delle prove.

7.  Per quanto rivolte contro l’imposta federale diretta, le critiche dei ricorrenti risultano di conseguenza infondate e devono essere respinte.

II.  Imposte cantonali

8.  8.1.  Per quanto attiene alle imposte cantonali, gli art. 23 lett. f e 33 cpv. 1 lett. c LIFD trovano il loro corrispettivo negli art. 22 lett. f e 32 cpv. 1 lett. c della legge tributaria ticinese del 21 giugno 1994 (LT; RL/TI 10.2.1.1).

8.2.  Il ricorso, che parte dal principio che i Cantoni non hanno in materia più nessun margine di apprezzamento e non fa quindi valere che il diritto cantonale avrebbe diversa portata di quello federale, e col quale vengono formulate critiche e conclusioni valide sia per l’imposta federale diretta che per le imposte cantonali, dev’essere di conseguenza respinto anche con riferimento alle imposte cantonali.

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