Pubblicazione: RTiD II 2018
Rifiuto del rimborso della spesa di collocamento del figlio Il costo della cura del figlio da parte di una persona non più affiliata, dalla fine di luglio 2017, presso un’Associazione che si occupa del collocamento diurno di bambini, in quanto si occupava di un numero di bambini superiore al massimo consentito (art. 31 cpv. 1Rfam: «…non più di 5 minorenni, di regola di meno di 12 anni, contemporaneamente»), senza che vi fossero gli estremi per la concessione di una deroga, non va rimborsato fino al mese di agosto 2017. Dal 1° agosto 2017, infatti, difettando il requisito dell’esercizio di un’attività coordinata da un ente privato riconosciuto, la persona in questione non è più ammessa quale famiglia diurna ai sensi della legge per le famiglie. TCA 17.1.2018 N. 39.2017.20
2.1. Il Decreto esecutivo concernente il rimborso della spesa di collocamento del figlio del 5 aprile 2017, entrato in vigore il 1° gennaio 2017 e valido fino al 31 dicembre 2017, prevede in particolare quanto segue:
«Definizione e genere di collocamento
Art. 1 1È considerata spesa di collocamento del figlio quella che il genitore o i genitori devono sostenere per affidare il figlio alla cura di terzi durante l’esercizio di una attività lucrativa oppure durante l’assolvimento di una formazione.
2Il collocamento presso terzi è ammesso se il figlio è affidato a:
a) un nido dell’infanzia autorizzato e riconosciuto conformemente alla legge sul sostegno alle attività delle famiglie e di protezione dei minorenni (le famiglie) del 15 settembre 2003;
b) una famiglia diurna riconosciuta ai sensi della legge per le famiglie.
Esercizio di un’attività lucrativa
Art. 2 1È considerata attività lucrativa ogni genere di attività professionale remunerata, salariata o indipendente, ai sensi della legislazione federale sull’assicurazione per la vecchiaia ed i superstiti.
2Sono equiparate ad un’attività professionale remunerata, in particolare:
a) la partecipazione a provvedimenti inerenti al mercato del lavoro ai sensi della legge federale sull’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e l’indennità per l’insolvenza (LADI);
b) la partecipazione a provvedimenti d’ordine professionale ai sensi della legge federale sull’assicurazione per l’invalidità (LAI);
c) la partecipazione a programmi di inserimento professionale ai sensi della legge sull’assistenza sociale.
Orari di collocamento e orari lavorativi
Art. 3 1La struttura di presa a carico indica gli orari del collocamento del figlio e certifica che gli stessi corrispondono agli orari lavorativi o di formazione dell’avente diritto, del suo coniuge o partner convivente, membri della sua unità di riferimento.
2L’attestazione è redatta per iscritto sull’apposito formulario.
Strutture di accoglienza ammesse
Art. 4 La spesa è rimborsata se il figlio è accolto presso una struttura o un servizio di accoglienza complementare alla famiglia e alla scuola ai sensi dell’art. 7 cpv. 1 lett. a) e b) della legge per le famiglie che adempie i requisiti di sussidiamento.
Diritto
Art. 5 1Hanno diritto al rimborso della spesa di collocamento:
a) i genitori che beneficiano di un assegno integrativo o di prima infanzia e che adempiono le condizioni legali ed economiche per ottenere un assegno di prima infanzia;
b) i genitori che non beneficiano di un assegno integrativo o di prima infanzia e che adempiono le condizioni legali ma non le condizioni economiche per ottenere un assegno di prima infanzia, per la parte di spesa che supera il loro reddito disponibile.
2Il diritto al rimborso della spesa di collocamento del figlio presso terzi è garantito fino all’accesso del figlio alla scuola dell’infanzia ma al massimo fino all’anno in cui il figlio compie i quattro anni se egli non ha potuto oggettivamente accedere alla scuola dell’infanzia in precedenza.
3Il rimborso della spesa di collocamento del figlio è sussidiario a prestazioni analoghe riconosciute da altre leggi allo stesso titolo.» (Doc. B2)
2.2. Nella presente fattispecie il 30 ottobre 2017 la Cassa ha accertato che A., domiciliata a M., non è affiliata all’Associazione S. (cfr. doc. 6).
In precedenza, il 4 aprile 2017 l’Ufficio dell’aiuto e della protezione aveva inviato ad A. uno scritto del seguente tenore:
«Facciamo seguito al suo scritto del 7 marzo scorso. Come indicatole con lettera del 21 febbraio, giusta l’art. 31 Rfam, il numero massimo di bambini che possono essere presi a carico da una famiglia diurna è di 5 e nel suo caso non vi sono gli estremi per la concessione di una deroga. La situazione deve pertanto essere regolarizzata.
Tenuto conto della circostanza particolare e del fatto che sino ad oggi non vi sono stati problemi di sorta, aderiamo alla sua richiesta di attendere sino al 31 luglio prossimo da permettere alle famiglie coinvolte di potersi organizzare.» (Doc. 5d).
Come visto (cfr. consid. 2.1) l’art. 1 cpv. 2 lett. b del Decreto esecutivo concernente il rimborso della spesa per il collocamento del figlio precisa che il collocamento presso terzi è ammesso se il figlio è affidato a una famiglia diurna riconosciuta ai sensi della legge per le famiglie.
L’art. 4 precisa che la spesa è rimborsata, segnatamente, se il figlio è accolto presso una struttura ai sensi dell’art. 7 cpv. 1 lett. a) e b) della legge per le famiglie che adempie i requisiti di sussidiamento.
L’art. 7 lett. b della legge per le famiglie stabilisce che sono attività di accoglienza complementari alle famiglie e alla scuola gli affidamenti presso famiglie diurne coordinati da enti privati riconosciuti.
L’art. 31 del Regolamento della legge per le famiglie prevede al cpv. 1 che «è considerata famiglia diurna ai sensi delle seguenti disposizioni la persona, coppia o famiglia che si offre per accogliere regolarmente nella propria economia domestica, durante la giornata e dietro compenso, non più di 5 minorenni, di regola di meno di 12 anni, contemporaneamente» a al cpv. 2 che «in considerazione di situazioni particolari l’UAP può eccezionalmente concedere deroghe a quanto previsto al cpv. 1».
Nella presente fattispecie A. non appartiene all’Associazione famiglie diurne e non esercita quindi un’attività coordinata da un ente privato riconosciuto.
A ragione la Cassa ha quindi stabilito che non è possibile rimborsare le spese per il collocamento del figlio della ricorrente presso questa persona.
La decisione su reclamo del 6 novembre 2017 deve pertanto essere confermata.