Pubblicazione: Estratto da Rivista Ticinese di Diritto II-2022 (III. Diritto di famiglia)
Autorizzazione al trasferimento di minore all’estero – mancata regolamentazione delle future relazioni personali con l’altro genitore – violazione del principio dell’unità del giudizio Il trasferimento di un minore all’estero, in caso di autorità parentale congiunta, presuppone sempre il consenso di entrambi i genitori oppure di un’autorizzazione da parte dell’Autorità di protezione. Modifica della custodia del figlio in favore del genitore che rimane in Svizzera non proponibile nel caso concreto. Benché il trasferimento debba essere autorizzato, la decisione deve essere annullata integralmente – onde preservare la competenza delle autorità di protezione svizzere – in quanto non sono state vagliate le conseguenze del trasferimento, in particolare la nuova regolamentazione delle relazioni personali con il genitore che rimane in Svizzera. Il giudizio su questi aspetti e sull’autorizzazione al trasferimento costituisce un’unità («Grundsatz der Entscheideneinheit»). Il nuovo assetto deve essere vincolante, attuabile e adeguato alla nuova situazione del minore e alle distanze in gioco, nonché rispettoso del suo diritto di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti anche con il genitore da cui è separato. CDP 8.2.2022 N. 9.2021.77
I. Competenza delle autorità di protezione svizzere
2. Ritenuto che dalla banca dati movimento della popolazione (MovPop) e dal richiamo atti dall’Ufficio controllo abitanti di S. (Canton TI, Svizzera) emerge che il 13 agosto 2021 P. ha notificato la sua partenza dal comune, unitamente al figlio F., prevista il 14 agosto 2021 per trasferirsi a C. (Italia), occorre preliminarmente chinarsi sulla questione della competenza territoriale di questo giudice, che deve essere esaminata d’ufficio ad ogni stadio del procedimento.
2.1. Ai sensi dell’art. 85 cpv. 1 della Legge sul diritto internazionale privato (LDIP), la competenza dei tribunali o delle autorità svizzeri, il diritto applicabile, il riconoscimento e l’esecuzione di decisioni o provvedimenti stranieri in materia di protezione dei minori sono regolati dalla Convenzione dell’Aia del 19 ottobre 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori (Convenzione dell’Aia sulla protezione dei minori; RS 0.211.231.011).
Ai sensi dell’art. 5 della Convenzione le autorità (sia giudiziarie che amministrative) dello Stato contraente di residenza abituale del minore sono competenti ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona o dei suoi beni (par. 1). Fatto salvo l’art. 7, in caso di trasferimento della residenza abituale del minore in un altro Stato contraente, sono competenti le autorità dello Stato di nuova abituale residenza (par. 2).
Giusta l’art. 7 par. 1 della Convenzione, in caso di trasferimento o di mancato ritorno illecito del minore, le autorità dello Stato contraente in cui il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato ritorno conservano la competenza fino al momento in cui il minore abbia acquisito una residenza abituale in un altro Stato e: qualsiasi persona, istituzione o altro ente avente il diritto di affidamento abbia acconsentito al trasferimento o al mancato ritorno (a); oppure il minore abbia risieduto nell’altro Stato per un periodo di almeno un anno a decorrere da quando la persona, l’istituzione o qualsiasi altro ente avente il diritto di affidamento ha conosciuto o avrebbe dovuto conoscere il luogo in cui si trovava il minore, nessuna domanda in vista del ritorno presentata in quel periodo sia in corso di esame e il minore si sia integrato nel suo nuovo ambiente (b).
L’art. 7 par. 2 della Convenzione definisce illecito il trasferimento o il mancato ritorno del minore se avviene in violazione di un diritto di affidamento, assegnato a una persona, un’istituzione o qualsiasi altro ente, individualmente o congiuntamente, in base alla legislazione dello Stato in cui il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o mancato ritorno (a); e tale diritto era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento o del mancato ritorno, o avrebbe potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze (b). Il diritto di affidamento di cui alla lettera (a) può segnatamente derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione di tale Stato. Finché le autorità citate all’art. 7 par. 1 conservano la loro competenza, le autorità dello Stato contraente in cui il minore è stato trasferito o trattenuto possono adottare soltanto le misure urgenti necessarie alla protezione della persona o dei beni del minore di cui all’art. 11 (art. 7 par. 3).
2.2. Nel caso in esame, il trasferimento di F. in Italia è avvenuto il 14 agosto 2020, ancor prima che il padre presentasse all’Autorità di protezione la richiesta per la relativa autorizzazione (datata 19 agosto 2020). In assenza di una valida autorizzazione in tal senso e stante l’opposizione della madre, pure titolare dell’autorità parentale, tale trasferimento è dunque da considerarsi illecito ai sensi della Convenzione. La competenza delle autorità di protezione dei minori svizzere e, per quanto qui interessa, di questa Camera, è quindi ancora data in applicazione dell’art. 7 della Convenzione (DTF 143 III 193, consid. 4; v. anche STF 5A_306/2016 del 7 luglio 2016, consid. 2.1 e sentenza CDP dell’11 agosto 2017, inc. 9.2017.66, consid. 2.3 [N.d.R.: pubbl. in RtiD I-2018 n. 62c, pag. 801], confermata in STF del 17 ottobre 2017, inc. 5A_634/2017, consid. 1.1). Alla medesima soluzione è giunto anche il Tribunale federale, che nella sua pronuncia in relazione al ricorso in materia civile presentato da M. nell’ambito dell’azione di mantenimento ha considerato ancora data la competenza delle autorità svizzere, poiché il trasferimento in Italia del minore da parte del padre è avvenuto senza l’accordo della madre, che esercita l’autorità parentale congiuntamente alla controparte, del giudice o dell’autorità di protezione (STF 5A_475/2020 del 25 febbraio 2021, consid. 1.2).
Ininfluente risulta il fatto che il Tribunale di Z (Italia), con decisione 25 maggio 2021, abbia ritenuto che P. aveva «già ottenuto un provvedimento di autorizzazione dalla competente autorità svizzera» ed ha dunque ritenuto «inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse» la sua richiesta di autorizzare il trasferimento di F. La giurisdizione italiana non sembra infatti aver considerato che la decisione dell’Autorità di protezione che avallava il trasferimento non era né definitiva, né immediatamente esecutiva (decreto del 25 maggio 2021, cfr. doc. 10).
La competenza di codesto giudice appare pertanto ancora data in concreto.
II. Trasferimento all’estero e regolamentazione delle relazioni personali con la madre
3. Nel suo reclamo, M. contesta la decisione di avallare il trasferimento del luogo di dimora del figlio F. a C. (Italia), postulando il suo immediato rientro e l’affidamento del medesimo alla custodia della madre.
3.1. Nella decisione impugnata l’Autorità di protezione ha ripercorso le tappe salienti del procedimento e ha richiamato i principi applicabili al trasferimento all’estero di minori.
Secondo l’autorità di prime cure, deve essere «posta la domanda centrale se il bene del bambino è meglio salvaguardato rimanendo a vivere con il padre dove ora si trova o se debba ritornare a vivere con il padre a S. (Canton TI, Svizzera) o nelle vicinanze della madre» (decisione impugnata, pag. 4). In base alla decisione impugnata «padre e figlio vivono da anni assieme e hanno trascorso lunghi periodi con la nonna paterna del piccolo F.», e «già nel corso del 2019 la madre trasferiva il suo luogo di dimora a W. (Canton VD, Svizzera), scegliendo di vivere lontano dal figlio e dal di lui padre che dimoravano a S. (Canton TI, Svizzera), rendendo quindi difficoltoso a lei stessa l’esercizio delle relazioni personali con il figlio», che «già da circa un anno prima della domanda di autorizzazione posta dal padre» non erano esercitate nelle modalità fissate dal Pretore e dal Tribunale d’appello (pag. 4). L’Autorità di protezione ha osservato che «il padre ha garantito l’esercizio delle relazioni personali tra la madre ed il figlio a Torino», ciò che non aggraverebbe «la durata e le condizioni di viaggio per la madre da W. (Canton VD, Svizzera)», «mentre per il figlio l’aggravio di viaggio sarebbe molto contenuto se effettuato in aeroplano» (decisione impugnata, pag. 4). L’Autorità di protezione ha in seguito considerato che il trasferimento di P. «risulta essere un rientro ai luoghi e alla sua famiglia d’origine e un ritorno alla sua casa, luoghi dove ha ancora le sue attività imprenditoriali di lavoro e dove risulta essere ben inserito; abitazione che risulta essere adeguata ad accogliere un bambino di 3 anni e qualche mese»; inoltre, «il rientro ai luoghi di dimora d’origine sembrano essere dettati anche da difficoltà imprenditoriali riscontrate qui in Svizzera», escludendo che esso «avesse quale unico obiettivo quello di rendere di fatto impossibili le relazioni personali del figlio con la madre» (decisione impugnata, pag. 4-5). Nella decisione impugnata viene inoltre considerato che non vi è «nessun elemento che faccia credere che le condizioni e le modalità di vita del figlio al nuovo luogo di dimora possano essere peggiori rispetto a quelle del precedente a S. (Canton TI, Svizzera); inoltre, le relazioni affettive e di accudimento del padre non sembrano ridotte, ma almeno mantenute intatte, anzi accresciute, difatti, il bambino potrà beneficiare di maggiori scambi sociali nell’ambito della famiglia paterna rispetto a S. (Canton TI, Svizzera); anche le condizioni abitative risultano essere migliorate, passando da un appartamento urbano ad una ampia casa in zona suburbana; le possibilità di scolarizzazione e le opportunità di formazione presenti sul territorio di nuova dimora non danno adito a nessun dubbio sulla loro qualità e diversificazione» (pag. 4). Obbligare il padre a fare rientro a S. (Canton TI, Svizzera) «non comporterebbe nessun vantaggio per il benessere del figlio, anzi, certamente soffrirebbe di una perdita di importanti relazioni famigliari attualmente instaurate per tornare in un luogo in cui non avrebbe nessun legame, neppure con la madre, che vive a grande distanza dallo stesso» (decisione impugnata, pag. 5). Anche «imporre al padre di trasferirsi a vivere nei pressi dell’abitazione della madre» sarebbe, secondo l’autorità di prime cure, «del tutto sproporzionato e nocivo al bene e al benessere del figlio che non avrebbe neppure conoscenza della lingua francese e nessun legame sociale o affettivo in quei luoghi» (decisione impugnata, pag. 5). In conclusione, l’Autorità di protezione ha ritenuto di poter accogliere l’istanza di P., autorizzandolo a trasferire il luogo di dimora del figlio F. a C. (Italia).
3.2. Nel suo reclamo, M. lamenta il fatto che l’agire di P. sia «ormai da tre anni finalizzato a estromettere la madre dalla vita del figlio F.» e che egli abbia «dimostrato un agire senza limiti per raggiungere tale fine», spingendosi fino alla falsificazione di documenti (pag. 2-3). La reclamante lamenta il fatto che l’Autorità di protezione non abbia considerato il comportamento in malafede di P., che non è più rientrato in Ticino «così come avrebbe dovuto» dopo il periodo di ferie in Italia, chiedendo a posteriori la ratifica del trasferimento di domicilio del figlio F. a C. (Italia) (reclamo, pag. 3-4).
Secondo M., l’Autorità di protezione non è minimamente entrata nel merito della valutazione di quale sia la soluzione migliore per la stabilità e lo sviluppo armonioso del minore, malgrado il comportamento del padre «dettato dall’esclusiva volontà di rompere definitivamente e irrimediabilmente il legame madre/figlio», che non merita alcuna tutela giuridica (reclamo, pag. 5).
Nel reclamo si lamenta inoltre una sostanziale banalizzazione della relazione fra madre e figlio e si sottolinea che anche dopo aver trasferito il proprio domicilio a W. (Canton VD) M. si sia sempre regolarmente recata in Ticino per visitare il figlio, ciò che invece non è più stato possibile a seguito del suo trasferimento in Italia. La reclamante si duole della mancata collaborazione del padre, «che non ha mai dato alcuna disponibilità a raggiungere il Piemonte», pretendendo invece «che la madre raggiungesse il figlio a C. (Italia), ciò che ella non si sente di fare avendo timore per la propria incolumità» (reclamo, pag. 5-6). Per M. è inaccettabile venire estromessi per più di un anno dalla vita del proprio figlio di tre anni, con cui intratteneva una buona relazione (reclamo, pag. 6). Postula pertanto che la decisione impugnata venga annullata, che il trasferimento del minore in Italia venga negato e che si ordini l’immediato rientro di F. in Ticino, con la comminatoria dell’azione penale, con affidamento alla custodia della madre per cura ed educazione (reclamo, pag. 7).
3.3. Ai sensi dell’art. 301a cpv. 1 CC, l’autorità parentale include il diritto di determinare il luogo di dimora del figlio. Diversamente dal diritto previgente, secondo cui il diritto di determinare il luogo di residenza del figlio era incluso nel diritto di custodia (cfr. DTF 136 III 353), tale diritto rientra oggi nelle prerogative dell’autorità parentale.
Se i genitori esercitano l’autorità parentale congiuntamente, un genitore può modificare il luogo di dimora del figlio soltanto con il consenso dell’altro genitore oppure per decisione del giudice o dell’autorità di protezione dei minori, qualora il nuovo luogo di dimora si trovi all’estero o qualora la modifica del luogo di dimora abbia ripercussioni rilevanti sull’esercizio dell’autorità parentale da parte dell’altro genitore e sulle relazioni personali (art. 301a cpv. 2, lett. a e b CC). Contrariamente ai casi di trasferimento all’interno della Svizzera, ove il consenso dell’altro genitore o l’autorizzazione del giudice/dell’autorità di protezione è necessario solo se il cambiamento di dimora del figlio ha ripercussioni rilevanti sull’autorità parentale o sulle relazioni personali (cfr. art. 301a cpv. 2 lett. b e DTF 142 III 502, consid. 2.4.2; v. anche sentenza CDP dell’8 novembre 2018, inc. 9.2018.112, consid. 5.3, confermata con STF 5A_951/2018 del 6 febbraio 2019; sentenza CDP dell’11 agosto 2017, inc. 9.2017.66, consid. 4.3 [N.d.R.: pubbl. in RtiD I-2018 n. 62c, pag. 810] e relativa STF del 17 ottobre 2017, inc. 5A_634/2017, consid. 2; sentenza CDP del 10 maggio 2017, inc. 9.2017.33, consid. 3.3, pubblicata in RtiD II-2017 n. 9c pag. 784), il trasferimento del minore all’estero è sempre subordinato al consenso dell’altro genitore. In assenza di tale consenso, è pertanto d’obbligo richiedere l’autorizzazione da parte del giudice o dell’autorità di protezione (cfr. art. 301a cpv. 2 lett. a).
3.4. Secondo la giurisprudenza dell’Alta Corte, nel rispetto delle libertà costituzionali dei genitori (in particolare, della loro libertà di domicilio e di movimento), non sono rilevanti i motivi che spingono uno di loro a trasferirsi, né occorre stabilire se per il bene del figlio sarebbe preferibile che il genitore non si trasferisse. Il quesito determinante è quello di sapere se il bene del figlio viene meglio garantito seguendo il genitore che intende trasferirsi oppure rimanendo con quello che continua a risiedere nel luogo originario, ciò che eventualmente può implicare una modifica della custodia (DTF 142 III 502, consid. 2.5; DTF 142 III 481, consid. 2.5; DTF 142 III 498 consid. 4.3 non pubblicato). La risposta deve essere data considerando in primo luogo il bene del figlio e dipende dall’insieme delle circostanze del caso concreto (DTF 142 III 502, consid. 2.5; DTF 142 III 481, consid. 2.6). Il giudice deve partire dal modello attuale di presa a carico del figlio: se un genitore ha l’affidamento esclusivo, tendenzialmente si partirà dal presupposto che un trasferimento dei figli con il medesimo tutela meglio il loro interesse. Se, al contrario, entrambi i genitori si occupano in maniera più o meno paritaria dei figli e sono pronti ad occuparsene anche in futuro, la situazione di partenza è neutra e occorre allora ricorrere ad altri criteri per determinare il bene del figlio, che corrispondono a quelli utilizzati dalla giurisprudenza per decidere dell’affidamento in caso di separazione o divorzio (DTF 142 III 502, consid. 2.5; DTF 142 III 481 consid. 2.7; DTF 142 III 498 consid. 4.4; STF 5A_375/2008 dell’11 agosto 2008, consid. 2). Occorre determinare quali sono le relazioni personali tra genitori e figli, le capacità educative di ogni genitore, la loro attitudine e disponibilità ad occuparsene e curarli personalmente; va privilegiata la situazione che, nelle circostanze concrete, appare la più adatta ad assicurare al figlio la stabilità delle relazioni personali che è necessaria ad uno sviluppo armonioso dal punto di vista affettivo, psichico, morale ed intellettuale; gli interessi dei genitori vanno considerati in secondo piano (DTF 142 III 498, consid. 4.4; v. anche STF 5A_375/2008 dell’11 agosto 2008, consid. 2; DTF 142 III 617 consid. 3.2.3; DTF 141 III 328 consid. 5.4; DTF 136 I 178 consid. 5.3; DTF 131 III 209 consid. 5). Secondo la giurisprudenza, è necessario esaminare i contorni del trasferimento: l’ambiente familiare al futuro domicilio e le prospettive economiche del genitore che se ne va, la lingua parlata sul posto, la frequentazione scolastica, l’esistenza di particolari bisogni di salute dei bambini, la loro età e il loro parere (DTF 142 III 481 consid. 2.7).
Come visto, le circostanze del caso concreto sono determinanti: se i figli sono piccoli, per cui più legati alle persone che al luogo di vita, difficilmente si penserà ad un cambiamento di custodia per affidarli al genitore che non si trasferisce. Per contro, in presenza di figli più grandi avrà maggior peso il criterio del luogo di vita e di scolarizzazione, la cerchia delle amicizie, le prospettive lavorative, ciò che potrebbe condurre ad una modifica della custodia e all’affidamento del figlio all’altro genitore (DTF 142 III 481 consid. 2.7; v. anche DTF 142 III 498, consid. 4.5).
Il Tribunale federale ha osservato che sovente il genitore che si oppone al trasferimento obietta che esso è finalizzato a sottrargli il figlio. In realtà, frequentemente il trasferimento avviene in un luogo ove esiste una base o una prospettiva economica, oppure è motivato da solide ragioni quali il ritorno al paese di provenienza o nella propria famiglia d’origine, il ricongiungimento con il nuovo partner o un’offerta d’impiego vantaggiosa. Qualora non vi siano motivi plausibili che giustifichino la partenza, oppure se risulti palese che il trasferimento sia motivato dall’intenzione di allontanare il figlio dall’altro genitore, può invece essere rimessa in discussione la capacità genitoriale e valutato un cambio di custodia (DTF 142 III 481 consid. 2.7; DTF 136 III 353 consid. 3.3; sempre che il cambio di custodia sia possibile, v. STF 5A_47/2017 del 6 novembre 2017, consid. 3.2 e 5).
3.5. Nella fattispecie, le censure sollevate dalla reclamante non permettono di sovvertire la ponderazione degli elementi operata dall’Autorità di protezione. Il modello di presa a carico di F. in essere è frutto di un’analisi delle capacità educative di entrambi i genitori e di una ponderazione delle circostanze globali della fattispecie, effettuata in sede giudiziaria da tre istanze diverse. In considerazione di tale modello, che prevede l’affidamento esclusivo di F. a P. con dei diritti di visita in favore della madre di tre ore settimanali (con passaggio tramite la curatrice), occorre partire dal presupposto che la situazione di partenza non sia neutra e che il trasferimento del minore assieme al padre tuteli meglio il suo interesse. Una simile valutazione non può essere rimessa in discussione unicamente sulla base di alcuni elementi «che danno atto della buona relazione fra madre e figlio» o sulla scorta di asserite falsificazioni di documenti avvenute in altra sede giudiziaria (cfr. reclamo, pag. 2-3 e 6).
Se oltre all’assetto attuale della presa a carico del minore si prendono in considerazione la sua tenera età, il fatto che il padre abbia degli stretti legami familiari al luogo di trasferimento, che si tratti di una regione italofona e gli altri elementi presi in considerazione dall’autorità di prime cure, occorre concludere che il trasferimento di F. a C. (Italia) debba essere autorizzato. Una modifica della custodia del minore quale conseguenza del trasferimento del padre non entra dunque in considerazione, già solo perché il suo affidamento alla madre implicherebbe in ogni caso per F. un altro significativo cambiamento di luogo e contesto di vita.
Come già evocato sopra, anche il Tribunale federale ha osservato che sovente il genitore che si oppone al trasferimento obietta che esso è finalizzato a sottrargli il figlio, mentre – come in concreto – vi sono dei motivi plausibili che giustificano la partenza, quali il ritorno di P. al paese di provenienza, nei pressi della propria famiglia d’origine.
Questo giudice non può comunque astenersi dallo stigmatizzare il fatto che il padre abbia chiesto l’autorizzazione al trasferimento soltanto a posteriori, dopo aver dichiarato di recarsi a C. (Italia) col minore per le vacanze e trattenendosi poi in quel luogo senza più fare ritorno a S. (Canton TI, Svizzera), omettendo non soltanto di chiedere l’accordo della madre del minore, ma anche solo di informarla: la notizia del trasferimento è infatti stata appresa attraverso l’istanza medesima.
Tale comportamento, che ha posto la madre del minore dinnanzi al fatto compiuto, può gettare delle ombre sulle capacità educative di P. medesimo, ma alla luce di tutte le circostanze del caso non basta per sovvertire l’assetto di custodia del minore stabilito in via giudiziaria. Viste le considerazioni espresse sopra e la decisione già emanata in sede pretorile, confermata dalle istanze superiori, una modifica dell’affidamento di F. non entra dunque in considerazione nella fattispecie. Al di là del modo in cui il trasferimento di F. in Italia è stato messo in atto, la decisione dell’Autorità di protezione di autorizzarlo ex post deve essere qui confermata.
3.6. Ai sensi dell’art. 301a cpv. 5 CC, se necessario, i genitori si accordano in merito a una modifica dell’autorità parentale, della custodia, delle relazioni personali e del contributo di mantenimento, conformemente al bene del figlio; se non raggiungono un accordo, decide il giudice o l’autorità di protezione dei minori.
Secondo la giurisprudenza dell’Alta Corte, l’esame di una modifica della partecipazione alla cura del figlio, delle relazioni personali e del mantenimento non deve essere dissociato dalla questione del trasferimento, data la loro stretta interdipendenza (142 III 502, consid. 2.6). La determinazione di tali aspetti costituisce una parte necessaria della decisione che autorizza la partenza, in quanto la disciplina concreta dei medesimi influisce sulla questione di stabilire quale luogo di vita corrisponda meglio al benessere del minore (DTF 142 III 481, consid. 2.8). Il giudizio sulla regolamentazione di tali aspetti e sull’autorizzazione al trasferimento deve dunque essere considerato come un’unità («Grundsatz der Entscheideneinheit», v. DTF 142 III 502 consid. 2.6; v. anche DTF 142 III 481, consid. 2.8; sentenza CDP del 30 novembre 2017, inc. 9.2017.166, consid. 4.4, pubblicata in: RtiD I-2018 n. 63c, consid. 4.4; Dell’Oro, Il diritto di determinare il luogo di dimora del figlio: l’art. 301a CC alla luce della giurisprudenza recente, in: RtiD I-2018, pag. 847-848).
La scissione delle due questioni è ad ogni modo difficilmente proponibile già a livello processuale, ritenuto che nel caso di partenze per l’estero la competenza decisionale delle autorità svizzere sulla base della Convenzione dell’Aia sulla protezione dei minori viene a cadere (v. anche, in materia di obbligazioni alimentari, l’art. 5 cifra 2 lett. a e c della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [Convenzione di Lugano; RS 0.275.12]; DTF 142 III 481, consid. 2.8). Considerato come la perdita di giurisdizione delle autorità svizzere a seguito del trasferimento del minore all’estero è stato uno dei motivi che ha spinto il legislatore a prevedere l’obbligo di ottenere un’autorizzazione in tal senso, ben si comprende che il conferimento di tale autorizzazione slegato da un esame delle conseguenze del medesimo (ad esempio, come in concreto, delle relazioni personali) svuoterebbe di senso tale norma. Il genitore che rimane in Svizzera si vedrebbe infatti costretto ad adire le autorità estere divenute competenti per ottenere una nuova regolamentazione dei suoi diritti di visita con il figlio (DTF 142 III 481, consid. 2.8).
In queste situazioni le autorità giudicanti sono dunque tenute a chinarsi sulle conseguenze del trasferimento; il nuovo assetto – che può anche scaturire da un accordo fra i genitori – deve essere vincolante, attuabile e adeguato alla nuova situazione del minore e alle distanze in gioco, nonché rispettoso dei dettami dell’art. 9 cpv. 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 (RS 0.170) quanto al diritto di quest’ultimo di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti anche con il genitore da cui è separato (DTF 142 III 481, consid. 2.8).
3.7. Nella fattispecie, l’Autorità di protezione non ha disciplinato in alcun modo i diritti di visita tra madre e figlio. Nella decisione impugnata si è limitata a riferire genericamente che P. «ha garantito l’esercizio delle relazioni personali tra la madre ed il figlio a Torino» (decisione impugnata, pag. 4). Nelle motivazioni della decisione ha inoltre stabilito che «le relazioni personali tra il figlio e la madre […] dovranno essere riorganizzate immediatamente dai genitori, secondo le nuove circostanze ma nel rispetto dei principi fissati dalla sentenza del Tribunale d’appello di Lugano, al minimo secondo frequenza e modalità proposte dal padre», constatando come la madre non avesse formulato particolari domande in merito (decisione impugnata, pag. 5). Il dispositivo è totalmente silente a riguardo.
In applicazione dei principi richiamati al considerando precedente, tale modo di procedere non può essere tutelato. Se è vero che i genitori possono accordarsi quanto ad una regolamentazione dei diritti di visita, in assenza di accordo – nel caso di specie, manifestamente non dato – la norma prevede che sia l’Autorità di protezione ad emettere un giudizio sulla regolamentazione di tali aspetti, che non possono essere dissociati dall’autorizzazione al trasferimento stessa. Nei suoi memoriali P. richiama la disciplina delle decisioni giudiziarie già emanate unicamente per quanto attiene all’affidamento del figlio a sé, dimenticandosi tuttavia che le medesime sentenze prescrivevano anche un assetto ben preciso delle relazioni personali tra F. e M., che lui medesimo avrebbe dovuto premurarsi di rispettare fino all’ottenimento dell’autorizzazione alla partenza del minore e ad una nuova regolamentazione dei diritti di visita materni. Egli ha invece preteso, a torto, che i medesimi si svolgessero da subito altrove in Italia, incolpando poi M. di una scarsa disponibilità in tal senso. Il luogo da lui prescelto unilateralmente, a Torino, non si situa peraltro nemmeno più vicino a C. (Italia) rispetto a S. (Canton TI, Svizzera) (Google Maps indica quale tragitto più breve, 910 km da Torino e 892 km da S. (Canton TI, Svizzera).
In una situazione come la presente, vista in particolare l’alta litigiosità dei genitori, l’Autorità di protezione non poteva limitarsi ad avallare il trasferimento del minore (peraltro già messo in atto) determinando la perdita della giurisdizione svizzera sul medesimo e disinteressarsi delle conseguenze di una simile partenza sui diritti di visita dell’altro genitore. La decisione impugnata viola il principio dell’unità del giudizio che la giurisprudenza del Tribunale federale ha dedotto dall’art. 301a cpv. 5 CC e deve dunque essere annullata. Nel rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione, l’incarto deve essere ritornato all’autorità di prime cure affinché, oltre a rilasciare l’autorizzazione al trasferimento, decida un assetto di relazioni personali che permetta a F. di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti anche con la madre, nonostante il trasferimento a C. (Italia) deciso unilateralmente dal padre. Tale assetto dovrà essere vincolante, attuabile e adeguato alla nuova situazione, di modo che il genitore che rimane in Svizzera non debba essere costretto ad adire le autorità estere per poter intrattenere le legittime relazioni personali con il figlio, ciò che di fatto si è invece verificato nel caso concreto.
III. Oneri processuali
4. Gli oneri processuali, già anticipati dalla reclamante, seguono di regola la soccombenza e, in considerazione dell’annullamento del giudizio di prime cure e del rinvio degli atti all’Autorità di protezione, devono essere messi a carico di P., che rifonderà a M. fr. xxx a titolo di ripetibili.